Apparentemente nessuna sorpresa: i risultati delle elezioni per il rinnovo dei 230 membri del parlamento portoghese di domenica scorsa hanno confermato le previsioni dei sondaggi. Ora, passati 4 anni, si può capire con dati reali alla mano cosa gli elettori effettivamente pensino del primo esecutivo appoggiato dalle sinistre parlamentari della storia post-rivoluzionaria.

Impossibile quindi non iniziare l’analisi dalle forze della Geringonça. Il grande vincitore di questa tornata è indubbiamente il primo ministro António Costa e il suo Partido Socialista (Ps) che con il 36% si afferma in 15 dei 20 circoli elettorali, in media quelli dove il salario mensile dei lavoratori è inferiore, passando da 86 deputati a 106 e che, per una manciata di voti, non riesce a ottenere la maggioranza assoluta dei seggi (115). Il Bloco de Esquerda (Be) pur perdendo qualche voto mantiene i 19 rappresentanti ottenuti alle scorse legislative (dal 10,19% al 9,6%) confermandosi tuttavia come la terza forza del paese. All’interno dell’alleanza il Partido Comunista Português (Pcp) che, in coalizione con il Partido Ecologistas os Verdes (Pev), scende da 17 deputati a 12. Infine il movimento Pessoas-Animais-Natureza (Pan) che, pur non avendo fatto parte attiva della maggioranza parlamentare ha però spesso votato a favore dei provvedimenti di António Costa, ha quasi decuplicando i propri consensi e porta in parlamento tre deputati.

SONORA SCONFITTA a destra. Il Partido Social democrata (Psd) prende il 27% dei voti, certamente uno dei risultati peggiori della sua storia, passando da 89 a 77 deputati. Resiste maggioritario in appena 4 regioni nel nord e nell’arcipelago di Madeira, i suoi bastioni tradizionali. Polverizzata l’altra formazione conservatrice, il Centro Democrático Social / Partido Popular (Cds/Pp), il cui gruppo parlamentare passa da 18 a 5 deputati. Tre le nuove formazioni a entrare in parlamento (tutte con un solo deputato): a sinistra il Livre, a destra Iniciativa Liberal (Il) e, all’estrema destra populista, con l’1,3% dei voti, Chega (Basta).

FINO A QUI i freddi numeri, che tanto freddi poi non sono. Perché per quanto possano essere scontati i risultati in realtà contengono molto di paradossale e contro intuitivo. Intanto i socialisti che, dopo quattro anni di opposizione, nel 2015 non riescono a vincere le elezioni ma riescono a vincerle nel 2019 dopo 4 anni di governo. Altro paradosso: il 56% degli elettori del Ps dovendo scegliere tra un esecutivo monocolore e una riedizione della Geringonça preferiscono quest’ultima.

Bene il Bloco che si mantiene un partito plurale al suo interno e coeso all’esterno, rappresentato da un nucleo dirigente credibile, pragmatico e in gran parte femminile: Caterina Martins, coordinatrice, Marisa Matias ex-candidata alle presidenziali e Mariana Mortagua. Infine i comunisti, che, pur conoscendo gli effetti negativi di un’alleanza che non sempre è stata capita dai propri elettori, rimangono leali fino alla fine all’accordo stipulato.

C’è quindi, su tutto, una questione di metodo: Be, Socialisti, Pcp e Pev hanno saputo stare insieme perché hanno evitato di oltrepassare quel limite oltre al quale poi è difficile tornare indietro. I rapporti di fiducia si costruiscono con fatica, la credibilità in politica è un fattore determinante, sia agli occhi dell’opinione pubblica che dei mass-media, sempre pronti in questi anni a fustigare implacabilmente a ogni minimo errore. Si sapeva che ad avvantaggiarsi sarebbero stati soprattutto i socialisti ma Be, Pev e Pcp hanno negoziato e mediato, mettendo da parte l’interesse meramente partitico, anche a costo di rimetterci, pur di cercare di promuovere l’interesse di chi avevano deciso di rappresentare.

C’È POI UN’ALTRA QUESTIONE che potrebbe assumere un certo rilievo nei prossimi anni: è pensabile che si verifichino ristrutturazioni a destra sul modello di Italia, Brasile, ma anche Spagna e Francia, dove i populisti si sono sostituiti in larga parte ai moderati? Può apparire come un dato positivo la sconfitta molto accentuata nel campo conservatore, ma il rischio è che a seguito di un collasso si possano aprire le porte a qualche cosa di decisamente più pericoloso. Per il momento il Psd ha retto grazie a una miracolosa campagna elettorale che tuttavia ha solo superficialmente mascherato le difficoltà interne. La segretaria del Cds/Pp, Assunção Cristas, si è dimessa ed è probabile che possa cadere anche la testa di Rui Rio, il segretario del Psd. Se sapranno gestire il loro magro ma importante risultato Il e Chega, potrebbero rilevare il testimone e sostituirsi a Cds/Pp e Psd.

ALTISSIMA L’ASTENSIONE, meno 400mila votanti rispetto al 2015. È un dato importante, che cresce di elezione in elezione, nonostante il censo sia stato allargato a tutti i portoghesi residenti all’estero (circa un milione di iscritti in più rispetto al 2015). Cresce il numero delle donne presenti in parlamento che, pur rimanendo minoritario, passa da 75 a 89 deputate. Inedita anche l’elezione di afro-discendenti che per un paese dal lungo e doloroso passato coloniale è un fatto centrale: Romualda Fernandes, Ps, Joacine Katar Moreira, Livre e Beatriz Gomes Dias, Be.

Un’attenzione particolare merita poi la circoscrizione di Lisbona, la più grande, e dove la proporzionalità, dato il funzionamento della legge elettorale, è maggiore. Qui sono stati eletti i rappresenti di Livre, Il, ma soprattutto di Chega, che raccoglie la maggioranza dei suoi pochi voti nei quartieri più periferici della città.

Quale governo per il futuro? Costa lascia aperta ogni possibilità e promette di parlare con tutte le forze alla sua sinistra e di cercare di rinnovare la Geringonça per i prossimi 4 anni. I socialisti, pur non avendo la maggioranza assoluta, potrebbero anche formare un governo monocolore di minoranza prescindendo da alleanze anche solo di carattere parlamentare. 106 deputati significa che le destre non possono bloccare nulla a meno che non ci sia il voto contrario degli altri partiti di sinistra. Questo aspetto conterà molto quando i tavoli per le negoziazioni si apriranno. Potrebbe essere un’alleanza a due, con il Bloco, o a quattro, con il Bloco, Pan e Livre, in tutto 130 deputati. Diverso il discorso per quel che riguarda i comunisti, che da questa esperienza sono usciti con le ossa rotte, probabile quindi che si tengano le mani libere per poi eventualmente cercare di incidere su singoli provvedimenti.

Da Belém arriva il monito del presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa che mette fretta, c’è il Brexit all’orizzonte e chiede a Costa di sentire i possibili partner prima del consiglio Europeo del 17-18 di ottobre.