«Allora perché non li ospiti a casa tua?» è il leit motiv dei razzisti sui social a chiunque parli di immigrazione associandola a umanità e diritti. L’associazione Refugees Welcome li ha presi in parola e ha reso quest’accoglienza davvero possibile. Dal 2016 infatti mette in contatto cittadini che si dichiarano disponibili ad ospitare con rifugiati o beneficiari di protezione umanitaria in cerca di una casa. Una rete di volontari presenti oggi in 18 città che ieri ha presentato un bilancio di questi tre anni di cooperazione sociale. L’elemento che caratterizza il progetto è che le due parti siglano un accordo di convivenza. Questo fa in modo che chi viene accolto non si senta perennemente precario, ma abbia chiara la durata e i termini dello scambio. Refugees Welcome fornisce anche delle linee guida della convivenza e si impegna a combinare le esigenze di chi apre le porte con quelle di chi cerca rifugio.

Dal 2016 sono 120 le convivenze attivate, e altre 160 stanno per partire nel 2019. Ma non si tratta solo di numeri. Nel bilancio dell’associazione ci sono soprattutto le vicende umane. Storie di amicizia, che in alcuni casi si sono trasformate da accordi temporanei a convivenze senza limiti di tempo. Alla base del progetto non c’è solo la volontà di risolvere un problema logistico. «Il nostro obiettivo era realizzare un cambiamento culturale rispetto al racconto del fenomeno migratorio» spiega Fabiana Musicco, vicepresidente dell’associazione. Ciò che si viene a creare infatti è soprattutto uno spazio di incontro. Nel 2018, e dopo i provvedimenti del governo in materia di immigrazione, la piattaforma digitale refugees-welcome.it, ha visto un boom di iscrizioni di individui e famiglie che si rendono disponibili ad ospitare, e vede al momento quasi 1200 iscritti, creando un ponte laddove le istituzione hanno lasciato un grande vuoto.