Per gli stranieri entrare in Israele è un’impresa, anche se sono ebrei. Il divieto al loro ingresso, contenuto dalle norme anti Covid-19, è in vigore ormai da sette mesi e prevede poche eccezioni: coniugi e figli di cittadini israeliani; i «soldati soli»   (stranieri ebrei che scelgono di fare il servizio militare in Israele lontano dalle loro famiglie); quelli in possesso di permessi di soggiorno e pochi altri. Queste restrizioni invece sono state facilmente superate da gruppo di stranieri che vantano importanti appoggi politici. Nelle scorse settimane 70 volontari di Hayovel, un’organizzazione cristiana evangelica con sede nel Missouri, hanno ottenuto il permesso per entrare in Israele pur non avendone formalmente diritto. Atterrati a Tel Aviv, hanno rapidamente raggiunto gli insediamenti ebraici di Har Bracha (Nablus) e Psagot (Ramallah) nella Cisgiordania palestinese sotto occupazione, dove hanno preso parte alla vendemmia assieme ai coloni israeliani.

 

Il «privilegio» di cui hanno goduto i volontari di Hayovel deriva dall’alleanza tra le organizzazioni cristiane sioniste e Israele, in modo particolare i partiti di destra (al governo) e i coloni. Legami che si sono fatti più stretti nei quattro anni di Amministrazione Trump che ora punta sui voti anche dei cristiani evangelici pro-Israele, per ottenere un secondo mandato. Riferimento dei cristiani sionisti americani è, anche più di Trump, il vice presidente Mike Pence che in più occasioni ha citato il racconto biblico per spiegare il sostegno statunitense alla sovranità israeliana su tutta la Palestina storica e negare i diritti dei palestinesi. Perciò aprire le porte di Israele ai volontari evangelici è parte del contributo che il governo Netanyahu e i nazionalisti religiosi israeliani (coloni in testa) offrono alla campagna di Donald Trump, il presidente che, scardinando il diritto internazionale e le Nazioni unite, ha concesso molto a Israele, dalla proclamazione di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico alla «legalizzazione» delle colonie nei territori palestinesi occupati. Fino al riconoscimento del Golan siriano come parte di Israele.

 

Hayovel, ha portato sino ad oggi circa 3.000 volontari cristiani negli insediamenti coloniali israeliani, quasi tutti statunitensi. Ospitati in un campus appositamente costruito accanto a Har Bracha, questi volontari pagano l’alloggio, il biglietto aereo e altre spese senza battere ciglio. Lo fanno perché si ritengono in missione per conto di Dio. Contribuendo alla «redenzione» di tutta la biblica Terra di Israele, ritengono di favorire la realizzazione delle profezie. Ad indirizzarli c’è anche la cosiddetta Ambasciata cristiana a Gerusalemme, aperta negli anni ’80 da varie organizzazioni cristiane sioniste. Hayovel, riferisce il quotidiano Haaretz, ha ottenuto piccole sovvenzioni israeliane per il suo contributo alla difesa all’estero dell’immagine delle colonie. Il giornale aggiunge che i gruppi di evangelici sionisti hanno investito nelle colonie israeliane 65 milioni di dollari negli ultimi dieci anni. L’associazione statunitense Heart of Israel, ad esempio, raccoglie ogni anno centinaia di migliaia di dollari per finanziare progetti negli insediamenti. E secondo i dati raccolti da Ynetnews, nel solo 2017 delle circa 28mila

La cosiddetta Ambasciata cristiana a Gerusalemme – foto di Michele Giorgio

persone che hanno compiuto l’aliyah, l’immigrazione in Israele, almeno 8.500 avevano ricevuto aiuti da organizzazioni cristiane partner dell’Agenzia ebraica. L’International Fellowship of Christian and Jews (Ifcj) dal 2014 al 2017 ha raccolto 20 milioni di dollari per l’aliyah e 188 milioni di dollari dalla fine degli anni Novanta al 2005. Ed esponenti cristiani di primo piano promuovono attivamente la normalizzazione tra gli Stati arabi e Israele.

 

I milioni di evangelici statunitensi sono un serbatoio di voti di eccezionale importanza per le speranze di riconferma alla Casa Bianca di Donald Trump che ritengono l’uomo mandato dal Signore per sostenere Israele ad ogni livello. A tanta devozione dei cristiani sionisti per Trump si contrappone il sostegno della maggioranza degli americani ebrei al candidato democratico Joe Biden. A differenza degli israeliani che – secondo i risultati di due sondaggi, uno svolto in Israele a inizio ottobre e l’altro negli Usa a fine settembre – per il 63% desiderano la vittoria di Trump, il 70% degli ebrei negli Stati uniti voterà per Biden.

 

Le presidenziali del 3 novembre stanno evidenziando una frattura sempre più larga tra israeliani e americani ebrei. Per il 51% degli israeliani l’elezione di Biden potrebbe danneggiare le relazioni tra i due paesi e il 48% pensa che il sostegno degli ebrei statunitensi ai democratici sia «sbagliato». Più di tutto il 47% degli israeliani parla di «frattura» netta con gli ebrei negli Usa.