Due voci si sono levate in questi giorni, sintetiche e senza giri di parole, sopra il baccano elettorale scandito dal minutaggio televisivo – qualche secondo all’uno e all’altro, non sovrapponetevi, non parlatevi addosso – con una quantità di affermazioni opinabili immediatamente contraddette e sottolineate nel fuoricampo della cronaca da azioni vergognose (blocchi, insulti, sparatorie).
Un paese che assomiglia più a una discarica di parole, di gesti, di proclami e di disposizioni.
La voce di due bambine che si trovano a vivere là dove esplode la violenza si è alzata forte. Noemi sparata per strada dal camorrista napoletano e in fin di vita dice appena riprende conoscenza: «Portatemi le mie bambole», come a dire :«Non voglio avere più niente a che fare, nei miei soli quattro anni, con questo genere umano che si permette di spezzare la mia vita per un regolamento di conti. Solo con i miei cari esseri di materia plastica, dal cuore più sensibile di quell’ignobile individuo, e che certamente hanno più umanità di quanto abbia sperimentato finora, mi sentirò protetta e al sicuro». Ma non servono tutte queste parole a Noemi, basta una perentoria richiesta, così come è sufficiente alla bambina di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, novello crociato in una guerra sulle barricate del palazzo occupato, a dare una secca risposta all’agente  arrivato a indagare. «Dov’è quel prete? Chi ha visto quel prete?». Alla domanda di sapore manzoniano lei precisa: «Non è un prete, è un cardinale», come a dire: «Se voi volete usare un titolo inferiore a quello che gli compete, secondo solo al Papa, è evidente che ne volete sminuire il gesto grandioso e simbolico, ricco di una solidarietà che voi non comprendete. E inoltre non dite la verità».
Neanche lei ha bisogno di fare un lungo discorso, è tutto già implicito in quelle poche parole: la nuova generazione (in questo caso femminile) giudica la realtà e conosce il significato della verità.