Terza edizione del Porretta Prog Festival al Rufus Thomas Park, nel cuore della cittadina dell’Alto Reno. Protagonisti della prima serata sono i Gong, storia della musica freak e divergente ma ancora testimonianza contemporanea di creativa libertà, perché questa incarnazione della band, pur senza membri originari, è sapiente custode del messaggio tramandato da Daevid Allen, scomparso nel 2015. Il segreto di quel mondo immaginifico abitato da gnomi e da quei cieli stupefatti solcati da teiere volanti (Flying Teapot, anno di grazia 1973) raduna ancora molti devoti appassionati che trovano nella comunione dell’esperienza dal vivo un riparo almeno temporaneo da questo mondo che sta collassando. The Universe Also Collapses, proprio così si intitola il disco in studio del 2019. L’ultimo album del quintetto guidato dall’ottimo chitarrista cantante anglo-iraniano Kavus Toravi è proprio un live, Pulsing Signals e ci faceva ben sperare per l’appuntamento dal vivo.

PROMESSE pienamente mantenute con uno spettacolo coinvolgente e torrenziale, a rinnovare la magia del peculiare verbo space rock speziato di jazz e Oriente coniato oltre cinquant’anni fa dal folletto australiano Allen, venuto in Europa a seminare fertili follie elettriche. Tra l’estasi orizzontale di Terry Riley e i Beatles in battello sul Gange si comincia volando con i venti minuti celesti di Forever Reoccurring, tra puro Canterbury sound e vertigini ambient (la chitarra del brasiliano di chiare origini italiane Fabio Golfetti). Un ritmo imprendibile (alla batteria Cheb Nettles) con un quid indiano, un dettato ipnotico classico ma non polveroso, affidato ad una lingua viva e urgente, mossa da una sezione ritmica affilata e puntuale. Il sax (Ian East) ha quasi la funzione di un synth, ad aggiungere spazi e campiture di colore ad una musica ariosa, ironica, sgusciante, che profuma d’incenso senza suonare solo come un tesoro di un passato oramai remoto. Poliritmie, il basso (Dave Sturt) talvolta come un oud, pulsazioni e fragranze mediorientali, inni al presente, perché la musica è magia, il futuro non importa e la mia chitarra è una navicella spaziale, dice Toravi. Tutta la cittadina nella tre giorni pulsa di musica, con la bella idea di proporre concerti pomeridiani in strada e un’atmosfera informale e rilassata che richiama un pubblico che ha in molti casi una lunga militanza di concerti, ma non solo.

PER LA SECONDA serata è in programma la North Sea Radio Orchestra, dall’Inghilterra, con John Greaves (fondatore di Henry Cow) e la cantante italiana Annie Barbazza, nell’esecuzione integrale di Rock Bottom di Robert Wyatt, con anche un collegamento in diretta in via eccezionale con quello che per tanti è un vero e proprio monumento vivente. Purtroppo Giove si mette di traverso e concerto e collegamento audio-video con Wyatt saltano per pioggia; viene organizzata all’ultimo minuto una prova aperta in un locale al chiuso adiacente alla sede del festival ma chi scrive non vi assiste, perché nel mentre sono anche saltati i nervi agli organizzatori e la situazione d’emergenza dovuta al temporale crea tensioni che non vengono ben gestite. L’ensemble ha replicato domenica al Conservatorio Nicolini di Piacenza lo spettacolo già portato lì qualche anno fa. Le splendide musiche del secondo disco solista del cantante e batterista di Soft Machine e Matching Mole sono contenute anche in Folley Bololey, un cd pubblicato nel 2019 dall’etichetta piacentina Dark Companion.