Non all’interno di una politica di genere binaria, non nella narrazione storica dominante, non in una cornice patologizzante e stigmatizzante della transessualità. Non sono dove mi cercate. Porpora Marcasciano, il movimento, dall’underground al queer al Mit a cura di Michele Bertolino, è la mostra (visitabile fino all’8 gennaio 2023) che il Mambo di Bologna dedica ai disegni di Porpora Marcasciano, attivista e presidente del Movimento identità trans. Sono disegni psichedelici, quelli datati 1973-1977, terrosi nelle cromie e fluidi nelle forme grazie a una tecnica affidata al trasferimento dell’inchiostro dei giornali sul foglio, attraverso l’uso della trielina come solvente e del disegno a china che asseconda le macchie di colore. Hanno un’estetica più vicina al punk quelli datati 1981-1985, con tonalità più acide e fluo, innesti di immagini e testi, e temi più vicini al vissuto di Porpora Marcasciano di quegli anni. Le due famiglie di disegni condividono un’estetica che si rifà alla comunicazione antagonista, alla poetica della contestazione e riflettono nella dimensione fantastica quell’esplosione di ottimismo rivoluzionario.

IL BUCO CHE SEPARA le due serie corrisponde agli anni convulsi e pulsanti nella storia del Movimento tra il 1977 e il 1982, al vortice di eventi che come un vento secco e caldo ha invaso ogni spazio lasciando poco tempo al disegno, che rimane schiacciato ai margini di questo tempo. I disegni riscattano quindi un valore storico-testimoniale e diventano occasione per rileggere quegli anni andando a ritroso, a partire dall’approvazione nel 1982 della legge 164, che prevede la riassegnazione del genere, vissuta dalla comunità trans come un discrimine, ma non come un punto di arrivo, piuttosto come l’inizio di una nuova storia.

Porpora Marcasciano, dalla mostra «Non sono dove mi cercate»

LO STESSO VORTICE abita la parte centrale dello spazio della mostra nella forma di due file di pannelli che corrono lungo le due diagonali della stanza segnandone il centro in una X. Ogni pannello raccoglie materiale d’archivio, articoli di giornale, ciclostili e pagine dal diario di Porpora Marcasciano. È una storia che segue traiettorie nomadi e velocità disomogenee. Alcuni pannelli restano vuoti, un vuoto che è proprio di chi cerca e si cerca.
È un uso dello spazio che risponde al desiderio di ricucire insieme le pagine della storia trans, una storia di rivolte e battaglie, favolosa e dolorosa, che rischia di essere dimenticata. Una storia composta di tante voci che il collettivo Almare ha montato insieme, a partire da materiali d’archivio, in una traccia sonora che restituisce la temperatura e il suono di quegli anni.

Il risultato è una narrazione organica che, come parte vitale di un insieme, fluisce come corpo unico fatto di margine e centro. «Non sono dove mi cercate ma qui dove vi guardo ridendo», scrive Porpora Marcasciano nel testo della mostra, rivendicando lo spazio del margine come luogo di radicale possibilità e spazio di resistenza. Una marginalità che continua a essere funzionale alla produzione di un discorso contro-egemonico.

DUE FOTOGRAFIE accompagnano i disegni: quella scattata da Enrico Scuro il 23 settembre 1977 che documenta il Convegno contro la repressione al Palazzetto dello sport di Bologna e quella scattata da Lina Pallotta in una delle case in cui è vissuta Porpora Marcasciano. I due scatti tengono insieme i due lembi della sua vita, la dimensione più intima e privata, insieme alle pagine dei suoi diari e ai suoi disegni e la dimensione pubblica legata alla storia del Movimento, continuando a interrogare il motto «il personale è politico».