Chissà cosa sta pensando Poroshenko, il presidente ucraino. Gli Stati uniti sono stati fondamentali nella sua ascesa al potere; l’appoggio di Washington alla Maidan, concretizzatosi con il governo Yatseniuk, l’uomo voluto proprio dall’amministrazione americana, è poi proseguito con l’arrivo al governo del miliardario Poroshenko.

Gli Usa di Obama hanno poi applicato le sanzioni contro la Russia, protestando contro l’annessione della Crimea, la presenza di soldati russi nel Donbass, denunciando la Russia in ogni ambito internazionale.

Ora, però, l’amministrazione Trump sembra decisamente meno avversa della precedente a Putin, il grande nemico del re della cioccolata Poroshenko. Quest’ultimo, sicuramente, è in attesa di capire che cosa significherà per la sua Ucraina dimezzata la presidenza Trump.

Per ora i segnali sono ambigui: all’amicizia del neo presidente americano con Putin, ieri ha risposto il futuro segretario di stato, che ha ammonito la Cina paragonando il mar cinese del sud alla Crimea. Una posizione, dunque, filo Kiev.

Intanto domenica ci sarà un’ultima visita, la sesta, di John Biden in Ucraina. Biden incontrerà il presidente ucraino Petro Poroshenko: sarà l’ultimo sforzo, da parte sua, per sottolineare il sostegno degli Stati uniti al governo a Kiev.

Ieri tra le due potenze c’è stato un veemente botta e risposta al Consiglio di Sicurezza Onu. Nel corso della riunione sulla prevenzione dei conflitti, l’ambasciatrice Usa uscente, Samantha Power, ha attaccato Mosca affermando che ha invaso e annesso parti dell’Ucraina e ha portato avanti «un attacco militare spietato» in Siria.

Da parte sua il delegato del Cremlino, Vitaly Churkin, ha ribattuto accusando l’amministrazione Obama di essere alla «disperata» ricerca di capri espiatori per i suoi fallimenti in Iraq, Siria e Libia