Ha spostato le sue date dall’autunno alla primavera, ma torna finalmente Vie, il festival teatrale di Emilia Romagna Teatro che da più di vent’anni presenta quanto di nuovo e di valore appare sulla scena internazionale. Quest’anno, oltre ad allargare il suo raggio di azione nei teatri della regione, sancisce un suo primato nonostante le sue risorse siano sicuramente inferiori a quelle di quei due o tre festival nazionali privilegiati nei finanziamenti, ma spesso simili alle scaffalature ingombre di un supermercato. Qui a Vie già i primi due giorni hanno offerto opere straordinarie di artisti ancora poco noti in Italia. A fianco al magnetico racconto dell’ungherese Mundruczò (di cui si parla qui a fianco), è davvero incredibile, per ricchezza e drammaticità nella sua apparente leggerezza, El bramido de Düsseldorf, del franco-uruguaiano Sergio Blanco (assente per altro perché impegnato a Bogotà in un nuovo debutto).

IL BRAMIRE dei cervi risuona nella città tedesca come liaison nell’intersecarsi lì di storie e vicende (e ricordi, e valutazioni) di fatti molto diversi. Al centro di tutto è il rapporto tra un padre e il figlio scrittore. Il primo, colpito da malore, muore in ospedale, nel momento in cui l’altro, dopo averlo costantemente assistito, è andato a comprargli delle ciliegie che aveva richiesto. I motivi originari per cui il figlio è dovuto andare a Düsseldorf, sono più riservati: un contratto ben remunerato per scrivere sceneggiature di film porno (alle prese con una temibile produttrice di quel genere), e poi la verifica del proprio desiderio di convertirsi all’ebraismo, circoncisione compresa.

PURTROPPO non gode di buona fama in quella comunità: ha scritto precedentemente di un attore, ora attuale rabbino capo di quella comunità, ribattezzandolo col nome di un famoso assassino di inizio 900, efferato serial killer, la cui storia fu raccontata in un famoso film di Fritz Lang: M, il mostro di Düsseldorf, appunto. Storie vertiginose, nella migliore tradizione del nuovo teatro sudamericano, che Blanco intreccia fino al parossismo, con solo tre attori, tutti davvero straordinari. Ne nasce una esaltazione dei mezzi del teatro, che intrecciando rapporti familiari all’incontro con la morte, leggende metropolitane a problemi religiosi, con il lavoro clandestino sul porno industriale, affascina lo spettatore, convinto di partecipare a tutto questo viaggiando sull’onda musicale che va da Lili Marlene Dietrich a Mrs Robinson del Laureato a Tom Waits. Un piacere per l’intelligenza e per l’umore.