Dopo la «limited edition» del 2020, che pur se svoltasi on line aveva raddoppiato gli accrediti, quest’anno le Giornate del cinema muto festeggiano i 40 anni con un’edizione in presenza, nonostante tutte le difficoltà che ancora si frappongono tra spettatori e grande schermo.

Il programma del quarantennale sottolinea come questa manifestazione, in apparenza così lontana nel tempo, intrattenga un rapporto stretto e non banale col presente e col sociale, includendo ben tre sezioni che parlano di donne, dedicate alle sceneggiatrici del muto americano, alle «Nasty Women», le «cattivacce» della commedia slapstick, e a Ellen Richter, attrice e produttrice tedesca, star del cinema di Weimar. Anche la sezione «geografico-nazionale» sollecita l’interesse dello spettatore curioso: il muto prodotto in Corea, proprio nell’anno in cui il cinema coreano è al top delle classifiche.

Oltre a un’anteprima venerdì 1, a Sacile, con lo spettacolare Maciste all’Inferno, omaggio dantesco di grande divertimento, accompagnato dalla musica di Theo Teardo con la Zerorchestra, le serate speciali sono dedicate il 2 ottobre a Lady’s Windermere Fan di Ernst Lubitsch, geniale versione cinematografica della commedia di Oscar Wilde, restaurato dal MOMA, con musica composta da Carl Davis, mercoledì all’Erotikon di Machaty (il titolo è un programma) e sabato 9 al colossal cosmopolita Casanova (Alexandre Volkoff, 1927) interpretato dal divo russo Ivan Mosjoukine, colonna sonora composta da Günter Buchwald, eseguita dall’Orchestra San Marco di Pordenone.

Sparsi nel programma un Max Linder d’annata, Soava Gallone in All’ombra d’un trono diretta dal marito Carmine, film che anticipa la retrospettiva del 2022, «Ruritania» dedicata alla geografia dell’immaginario da operetta. La sezione dedicata a ritrovamenti e restauri propone una commedia blackface con una giovane Myrna Loy, Ham and Eggs at the Front (Due negri al fronte, 1927), Jokeren, film danese firmato dal tedesco Georg Jacoby, ambientato durante il Carnevale di Nizza e, di tutt’altro tono, La battaglia dall’Astico al Piave (1918), resoconto del fronte italiano nell’ultima fase della prima guerra mondiale.

Il programma sulle sceneggiatrici americane permette di scoprire una pagina poco nota della storia del cinema americano: la presenza di un gran numero di donne dietro alla produzione di un cinema popolare che cerca, dopo la prima guerra mondiale, di raggiungere anche il pubblico della classe media. E chi meglio delle donne poteva riuscire nell’impresa? Erano le donne infatti che avevano invaso la letteratura popolare americana in epoca vittoriana, con le capanne dello zio Tom e le piccole donne, ovvero con storie capaci di raggiungere il cuore delle famiglie americane, mentre gli uomini si dedicavano alla guerra civile e a creare l’impero. Sono donne che entrano in questo campo spesso dalla porta principale, dal ruolo di attrici: belle ragazze, vivaci, dalla vita sentimentale complicata come Frances Marion, Clara Beranger e Anita Loos.

A quel tempo infatti non c’era sul set una vera divisione del lavoro e il compito principale, in un cinema concentrato su personaggio e racconto, spettava allo sceneggiatore che doveva inventare (o scegliere) la storia, possibilmente tenendo conto degli attori che la casa di produzione aveva sotto contratto, per svilupparne il profilo da star. Oltre a scrivere la sceneggiatrice – perché se non la maggioranza dei film muti americani ma una buona parte sono stati scritti da donne: basta contare le filmografie- stava sul set per dare una mano in caso di eventuali intoppi narrativi e per suggerire quelle battute che gli attori pronunciavano distintamente ma non erano «tradotte» in didascalie. Soprattutto chi scriveva i film li seguiva anche in fase di montaggio, per poter scrivere o inserire le didascalie, i cartelli di cui era maestra per esempio Anita Loos, autrice di alcune delle didascalie più divertenti del muto. Insomma, creativamente parlando, la sceneggiatrice contava più del regista, che come ben noto, in sala di montaggio non entrava proprio. Col sonoro o meglio con l’organizzazione fordista dello studio system e la concentrazione del potere decisionale nelle mani del produttore, la figura della sceneggiatrice diventa un’eccezione, non più la regola.

Nella rassegna ovviamente c’è Anita Loos, capelli alla maschietta e una fissazione per la moda che ne fanno una influencer ante litteram, autrice del sensazionale Gli uomini preferiscono le bionde (leggete questo romanzo davvero sperimentale che prende in giro F1925) creatrice della versione reud ed è stato scritto nel comico-ironica del divo Douglas Fairbanks, del quale Pordenone propone lo scatenato American Aristocracy (1916) e della versione non vittoriana, come quella proposta da DWGriffith, di Constance Talmadge, protagonista di Temperamental Wife (1919) in cui la gelosia è motore di riappacificazione in matrimoni annoiati.

I fratelli DeMille lavoravano spesso con sceneggiatrici con le quali talvolta condividevano non solo il set, se è vero che William mise incinta la sceneggiatrice Lorna Moon, e Cecil si accompagnava con Jeanie Macpherson, che portava stivali più aggressivi dei suoi e pilotava aerei. Tra le figure presenti nel programma Clara Beranger, che scrive per il deMille più giovane, William che sposa ed assiste in vecchiaia, uno dei film più insoliti nel panorama del muto, Miss Lulu Bett, storia di una sorella zitella sfruttata dalla famiglia, che sa trovare la strada della liberazione. La stessa Beranger ha scritto anche uno dei film della sezione «Nasty Women», Phil-for-Short, in cui una ragazza di nome Damophilia, figlia di un grecista, abbrevia il suo nome in «Phil» e gioca a travestirsi da ragazzo. Trasgressione, travestimenti, messa in crisi dell’istituto matrimoniale sono spesso presenti in questo cinema, fresco della lotta delle suffragette, che si interroga, per lo più ridendo, sull’ordine patriarcale e la questione di genere.

Sada Cowan e Beulah Marie Dix scrivono per Cecil B. DeMille Fool’s Paradise (Paradiso folle, 1921) che muove senza sforzo dalla frontiera western con i suoi saloon alla corte reale del Siam, con prove d’amore come affrontare un coccodrillo in una vasca per ripescare il guanto di una fanciulla capricciosa. Insomma queste donne non scrivono solo commedie o melodrammi sentimentali, ma si muovono in tutti generi, che d’altro canto stanno creando in quegli anni. Dorothy Yost, per esempio, ha scritto Kentucky Pride (John Ford 1925) ambientato nel mondo dell’equitazione, come dice il programma «raccontato dal punto di vista dei cavalli». Nella normalizzata era classica Yost scrive per i film di Fred Astaire e Ginger Rogers.