E così anche la Cgil può dire di avere il suo “porcellum”. Se la relazione di apertura di Susanna Camusso ha aspramente contestato la riforma costituzionale e la legge elettorale del premier Renzi, dall’altro lato al suo interno il sindacato applica una norma che cancella di fatto la rappresentanza proporzionale e rende necessaria una soglia di sbarramento per entrare nel Direttivo. La norma funziona così: per poter concorrere all’elezione nel parlamentino Cgil, devi raccogliere firme pari al 3% della platea dei delegati al Congresso.

Questa regola ha creato ieri un problema all’unica minoranza per il momento ufficialmente presente nel sindacato, quella del documento 2 di Giorgio Cremaschi: avendo preso quest’ultima il 2,4% dei delegati al Congresso, pari a 23 (su complessivi 953), le mancano ben 6 firme – da chiedere in giro, necessariamente agli avversari – perché l’area sia rappresentata.

E’ vero che a un certo punto, dopo il bastone, è arrivata la carota: la segretaria confederale Elena Lattuada ha offerto la sua firma, facendo capire quindi che la stessa Camusso non vuole escludere fattualmente la piccola minoranza cremaschiana, ma il principio rimane. “E’ la prima volta che si sceglie di non applicare il proporzionale puro in Cgil: un deciso cambio di rotta che impedisce a tutte le voci, specialmente a quelle in dissenso, di essere presenti”, lamenta Cremaschi.

L’evento forse dall’esterno potrà sembrare minimo, ma in effetti è un segnale che si inserisce in un quadro di forti scontri tra la maggioranza camussiana e la scissione che si è creata nel suo stesso documento, quella guidata da Maurizio Landini. Con Landini si sono uniti altri esponenti di minoranza Cgil: Gianni Rinaldini, Domenico Moccia, Nicola Nicolosi, e il trait d’union della nuova opposizione a Susanna Camusso sono gli emendamenti firmati da questi sindacalisti. Sulle pensioni, la contrattazione, il reddito minimo.

Sul calcolo dei voti agli emendamenti si è scatenata la guerra: secondo la minoranza, hanno preso il 46% dei consensi, e quindi – in base al principio dell’”equilibrato rapporto” concordato con la maggioranza – avrebbero dovuto avere un’adeguata rappresentanza (almeno il 30-35% dei delegati al Congresso). Ma agli emendanti è stato riconosciuto solo il 15%, e da lì a cascata quindi discenderà una sottovalutazione della loro presenza al Direttivo. Landini e Rinaldini hanno più volte definito il metodo di calcolo applicato dai camussiano come “truffaldino”.

In questo contesto già tesissimo, oltre al “porcellum” ieri si è aggiunto il restringimento dei tempi per presentare le liste. In pratica, anziché dare come termine ultimo per la presentazione delle liste per il Direttivo la conclusione del dibattito (quindi almeno la serata di oggi, o la mattinata di domani), si è scelto di porre la dead line alle 9,30 di oggi. La minoranza lo ha preso come un affronto.

“Non ho mai visto regole simili neanche nelle peggiori assemblee di condominio – ha protestato Landini – Si chiude il dibattito senza neanche averlo aperto, appena conclusa la relazione del segretario generale”. Un attacco frontale a Camusso. “Se si fa una operazione di questa natura, si conferma il carattere non democratico e l’idea un po’ autoritaria di come si gestisce una organizzazione come la Cgil”.

Proteste dello stesso tono sono venute da Marigia Maulucci, Sergio Bellavita, Cremaschi, Nicolosi, e Rinaldini: “Perché prenderci in giro e spendere tanti soldi se il congresso è finito ancora prima di iniziare? – si chiede l’ex segretario della Fiom – Prendo atto che questo è un congresso che non c’è: perché presentare liste prima che ognuno possa esprimersi conferma che il congresso non esiste”.

A questo punto le liste saranno dunque almeno due (quella di Camusso e quella riferibile a Landini), e diventeranno tre se Cremaschi sarà riuscito a mettere insieme le 6 firme necessarie per ottenere lo sdoganamento. Fino a ieri sera si ragionava sulla possibilità che i componenti del direttivo possano essere 151, ma non esiste un numero definito: poiché le liste sono bloccate, se alcuni camussiani temessero di rimanere fuori, si potrebbe decidere da parte della maggioranza di ampliare quella cifra (il Direttivo uscente è composto da 179 membri). Ma a quel punto, ovviamente, aumenterebbero proporzionalmente anche gli eletti della nuova minoranza.