Lo stato, e più precisamente la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell’interno, deve pagare per la legge elettorale «Porcellum». Decaduta, perché a gennaio la Corte Costituzionale ne ha cancellato i capisaldi: il premio di maggioranza senza limiti e le lunghe liste bloccate, oltre alla possibilità di candidature plurime (la stessa persona in più collegi). Quel giudizio di incostituzionalità era arrivato in maniera «incidentale» nel corso di un procedimento ordinario, così come prevede la legge italiana. Il processo al Porcellum è ripreso dopo la sentenza della Consulta e ieri ha dato ragione all’avvocato Bozzi e al suo gruppo di cittadini elettori che avevano denunciato la lesione del loro «diritto di voto secondo le modalità costituzionali del voto personale ed eguale, libero e segreto e a suffragio universale». La sanzione per lo stato è simbolica: 10mila euro di spese processuali. All’epoca al Viminale c’era il ministro Pisanu e a palazzo Chigi Berlusconi, ma l’autore del Porcellum è il leghista Calderoli. La sentenza vale come avvertimento: anche l’Italicum prevede liste bloccate, candidature plurime e super premio di maggioranza..