C’è un piccolo festival che si è sviluppato in cinque tappe dal 2008 a oggi e che sta lasciando un segno sul territorio. Anzi più segni. Il PopUp! Arte Contemporanea nello Spazio Urbano traccia un percorso artistico nell’anconetano attraverso street artist che, con le loro opere permanenti, riescono a rimodellare spazi urbani ameni e lontani dai luoghi di produzione «ufficiali».

Un’operazione che ha permesso di creare un vero e proprio «circuito» che passa per Ancona, Jesi, Fabriano, Castelplano, Fano, Senigallia e altre località in cui negli anni sono stati individuate le zone dedicate agli interventi, in alcuni casi rompendo l’isolamento culturale della provincia o arricchendone l’interesse, attraverso un linguaggio proprio della metropoli.
Ancona, candidata a Capitale italiana della cultura 2022, fortifica così l’immaginario di città museo, ragionando dall’evoluzione delle tag degli anni ’70 a New York all’aspetto sovversivo, fino all’istituzionalizzazione del muro come galleria d’arte. Un esempio è stata l’opera Bottles, dipinta nel porto di Ancona in occasione del primo PopUp! da due dei più influenti artisti italiani, Blu ed Ericailcane: per un decennio è stata un manifesto della città, un benvenuto a chi arrivava in traghetto, visibile dappertutto, fino a quando nel 2019 i 30 metri di silos per lo stoccaggio sono stati demoliti.

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Attraverso la mappa interattiva si possono raggiungere i murales eseguiti precedentemente, seguendo le opere di artisti come 2501, 3TTMAN, Gio Pistone, Nicola Alessandrini, Ozmo, Maicol e Mirco, Lucamaleonte, Remed o Zosen. In questa edizione, il baricentro dei lavori è la città di Osimo, dove sono già intervenuti a fine luglio Giorgio Bartocci (quattro facciate per 1000 mq di un capannone industriale sulla Statale 16) e il giapponese Twoone (nel Mercato delle Erbe due giganteschi falchi pellegrini azzurri e circondati da flora e fauna del Monte Conero, su soffitto e pareti). Mentre Allegra Corbo, artista proveniente dalla scuola Mutoid, è stata impegnata a rielaborare gli interni della sala ricreativa della Casa di riposo Bambozzi con la partecipazione degli ospiti attraverso un workshop iniziato prima della pandemia, riattivato a settembre e che, con l’isolamento dei residenti dalla comunità, si è caricato ancor più di significato.
Il festival si rinnova a ogni edizione con un work in progress della durata di vari mesi per le istallazioni temporanee, come la gigantografia in piazza san Francesco del collettivo israeliano Broken Fingaz e le bacheche pubbliche della Street Gallery, temporanee o stabili come quella al Mercato delle Erbe che da fine ottobre, per tre settimane, vedrà manifestarsi l’elegante metafisica di Agostino Iacurci. Lì vicino, a Palazzo Campana e fino al 10 gennaio, la mostra di Keith Haring Made in New York.