Non conosce sosta, neppure estiva, la guerra diplomatico-commerciale dei paesi occidentali contro l’annessione russa della Crimea del 2014.

Ieri la Ue ha deciso di aggiungere all’elenco delle sanzioni anti-russe già in essere una serie di altre restrizioni a fronte della costruzione da parte del governo russo di un ponte che attraverso lo stretto di Kerch collega la Russia alla penisola crimeana. Il ponte, uno dei più lunghi del mondo (19 km), e costato oltre 5 miliardi di euro, è stato inaugurato il 15 marzo.

Come riporta l’agenzia Tass, la Ue «ha deciso di imporre sanzioni a altre sei compagnie russe tra cui Giprostroymost Institute, Mostotrest, Stroygazmontazh e Stroygazmontazh-Most». Le misure restrittive nei loro confronti sono legate non solo alla partecipazione alla costruzione del ponte, ma anche alla «circostanza aggravante» di essere di proprietà di Arkady Rothenberg, entrato nella lista nera della Ue nel luglio 2014.

Tali aziende non potranno avere nessuno legame commerciale con i paesi dell’Unione e i loro legali rappresentanti saranno considerati in Europa, da oggi in poi, «persona non grata».

La Ue ha giustificato il provvedimento affermando che l’entrata in funzione del ponte «conduce al consolidamento del potere russo sulla penisola della Crimea e mina l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina».

Da Mosca è giunta subito una replica da parte di Marya Zacharova, portavoce del ministro degli Esteri Sergey Lavrov. «Le nuove sanzioni della Ue contro sei compagnie russe sono volte a sovvertire il legittimo governo russo e sono indirizzate contro i cittadini della penisola», ha dichiarato la diplomatica che ha voluto anche ricordare come «ogni anno milioni di cittadini europei si recano in vacanza o per iniziative culturali nella regione. Forse a Bruxelles vivono in un altro pianeta. Con queste sanzioni si incoraggia il blocco energetico della Crimea e si perseguono coloro che costruiscono infrastrutture civili».

La misura è stata approvata all’unanimità da tutti i paesi della Ue, Italia compresa. Dopo che da settimane il ministro dell’Interno Matteo Salvini non ha perso occasione per dichiarare di volersi impegnare per l’eliminazione delle sanzioni e dopo che il premier Giuseppe Conte ha confermato, nell’incontro con Donald Trump l’altro ieri a Washington, l’impegno a voler migliorare le relazioni con il paese slavo, il governo gialloverde è tornato docilmente ad allinearsi a una politica costata al nostro paese migliaia di posti di lavoro.

«Non è una doccia fredda e non ci siamo mai illusi che l’Italia avrebbe cambiato la sua politica estera. Non abbiamo mai fatto conto su di loro», commentava ieri con sarcasmo un deputato di Russia Unita.

Del resto anche gli Stati uniti per bocca del segretario di Stato Pompeo hanno già confermato di voler di introdurre nuove limitazioni all’economia russa in settembre proprio in relazione al ponte di Kerch.