«C’incontreremo a Venezia, ci sposeremo a Pomezia», recita uno dei versi del cantautore postmoderno Calcutta, in una canzone alla ricerca di un luogo straniante della provincia italiana. Ma nel comune del litorale laziale a sud di Roma si consuma un divorzio tra grillini. Una separazione imposta dalla tagliola dei due mandati che non può che assumere rilevanza nazionale. Perché quel dogma è una delle variabili che condizionano il futuro del Movimento 5 Stelle.

Nella zona che divide il litorale romano e le terre bonificate che il M5S balla da mesi. Il sindaco di Pomezia si chiama Fabio Fucci. Nel 2011 diventò consigliere comunale. Poi l’amministrazione venne sciolta e nel giugno del 2013, dopo il boom in parlamento del M5S ma prima delle vittorie dei suoi colleghi pentastellati a Livorno, Roma e Torino, Fucci diventò sindaco. In questo territorio che aveva vocazione agricola ma che per la geografia disegnata dai flussi di denaro pubblico della Cassa per il Mezzogiorno era diventato un piccolo polo industriale alle porte della capitale, si insedia il laboratorio del governo targato M5S negli anni della crisi, della deindustrializzazione e del crollo dei partiti.

Ora che sono passati cinque anni di consiliatura, Fucci dice di non avere nessuna intenzione di farsi da parte. Chiede una deroga al vincolo dei due mandati in modo da, dice, «portare a termine il lavoro iniziato». Dai vertici del M5S non ne vogliono sapere, di derogare all’ultimo pilastro del grillismo dopo la fine dello streaming totale e il notevole ridimensionamento della restituzione dello stipendio.

Comincia così un braccio di ferro che si trascina fino alle elezioni politiche e alla contesa per le regionali. Fucci addirittura annuncia che non voterà per Roberta Lombardi, la candidata del M5S. Poi conferma di volersi candidare con una lista civica. Si moltiplicano gli allarmi per i vertici del M5S: Fucci sarà il Pizzarotti del Lazio? La rottura è definitiva quando il sindaco uscente sostiene di aver rifiutato un paracadute in Campidoglio: Virginia Raggi, dice, gli avrebbe offerto il ruolo ancora vacante di capo di gabinetto della sindaca.

Ieri sono arrivate le dimissioni in massa dei consiglieri pentastellati. A Pomezia il mandato era in scadenza, si sarebbe comunque votato a maggio. «È stato un gesto illogico e irresponsabile, legato a una bega di partito – lamenta il sindaco uscente – Ora l’attività di una città si bloccherà per due mesi».

Il paradosso della personalizzazione estrema è sotto gli occhi di tutti: nessuno dei grillini contesta Fucci nel merito, la sua esperienza va cancellata per il solo rifiuto di accettare un pilastro del regolamento interno dei 5 Stelle. Inevitabile pensare alle ricadute nazionali e al fatto che i vertici grillini avrebbero promesso ricandidature in blocco a tutti gli eletti per evitare l’effetto palude in parlamento.«Con la possibilità di ritornare alle urne – conferma Fucci – nel M5S si starebbe pensando di mettere in discussione questa regola per non perdere una vagonata di senatori e deputati, ma sarebbe una scelta tardiva».