Il governo si prepara a sferrare un triplo colpo mortale allo stato di diritto in Polonia e la piazza insorge. La riforma della Corte suprema, in discussione questa settimana al Sejm, la camera bassa del parlamento è l’ennesimo assalto al sistema giudiziario polacco da parte del governo della destra populista Diritto e giustizia (PiS).

Nel caso degli altri due provvedimenti, che riguardano la riforma del Consiglio nazionale della magistratura e quella dei tribunali amministrativi regionali, manca soltanto la firma dei presidente polacco Andrzej Duda.

L’ORBANIZZAZIONE della magistratura è comunque un processo avviato con meticolosa «pazienza»: dapprima il governo ha unificato le funzioni della Procura generale con quelle del Ministero della giustizia affidate al «super-ministro» Zbigniew Ziobro. In un secondo momento, il PiS ha provato ad invalidare le nomine di tre giudici del Tribunale costituzionale scelti dal governo uscente di centro-destra Piattaforma civica (Po) del ex-premier Tusk. Allora il Tribunale aveva anche espresso un parere negativo sulla riforma del proprio organo che richiederebbe la presenza di almeno 13 membri su 15, e una maggioranza di due terzi, per deliberare.

DURANTE LA CRISI costituzionale Duda si era rifiutato di pubblicare due sentenze della corte sfavorevoli ai piani del PiS.
Nonostante il parere negativo della Commissione di Venezia e le minacce di Bruxelles, la maggioranza è andata avanti per la sua strada. Uno dei due provvedimenti in dirittura di arrivo riguarda invece il Consiglio nazionale della magistratura che svolge una funzione chiave nelle scelta dei magistrati su tutto il territorio nazionale.

LA NUOVA LEGGE prevede la cessazione immediata del mandato dei suoi attuali membri. L’organo sarebbe anche riformato attraverso la creazione di un collegio politico responsabile delle nomine dei membri del Consiglio da far approvare tra i banchi delle camere in cui il PiS detiene la maggioranza. A finire nel tritacarne del PiS è adesso la Corte suprema, garante della regolarità del processo elettorale e al vertice della giurisdizione ordinaria polacca. Per i suoi membri è previsto un pensionamento d’ufficio con decorrenza immediata mentre la corte stessa finirebbe nelle mani di Ziobro e dei suoi colleghi di partito.

«Questo progetto è una vergogna», ha commentato Adam Strzembosz, ex-presidente della Corte suprema. Strzembosz ha anche invitato i deputati a rileggere i contenuti della proposta di legge prima di andare a votare. Intanto il partito fondato dai fratelli Kaczynski continua a smontare il sistema giudiziario polacco in attesa di riformare la costituzione.

LA SOCIETÀ CIVILE non sembra affatto disposta a incassare in silenzio, mentre le forze all’opposizione annunciano un fronte comune per bloccare i provvedimenti. Non si placano le proteste in atto dalla settimana scorsa nella capitale polacca che hanno spinto a scendere in piazza numerosi cittadini in tutti i maggiori centri del paese. Nella serata di domenica migliaia di candele sono state accese di fronte alle sedi dei principali organi di giustizia.

POZNAN, CRACOVIA, LODZ ma anche a Danzica, città simbolo di Solidarnosc, hanno aderito alla «catena di luce». Un gesto di speranza da parti di quelli che dicono «nie», ma anche di lutto per una serie di riforme che decreterebbero la fine della separazione dei poteri in uno dei paesi più grandi dell’Unione Europea.

A Varsavia i cittadini assembrati intorno alle transenne che circondano la sede del Sejm, la camera bassa, hanno esposto cartelli con su scritto «Torni dalla vacanze e non c’è più democrazia» oppure «La costituzione è la spina dorsale del paese. Se deciderete di spezzarla finiremo tutti invalidi». Questa volta il dissenso è trasversale: anche i rettori delle principali facoltà di diritto hanno pubblicato una «lettera dei nove» in cui condannano l’attacco alla Corte suprema. Allo stesso modo la confederazione sindacale (Opzz) e il Sindacato della scuola (Pzn) si sono espressi pubblicamente contro le riforme mentre la leggendaria sigla di Solidarnosc, ormai su posizioni filo-PiS, tace.