Chi ha vinto le elezioni amministrative e regionali in Spagna? Renzi: «I venti della Grecia, della Spagna e della Polonia dicono che l’Europa deve cambiare e l’Italia porterà forte la voce per il cambiamento in Europa», dice il presidente del Consiglio che unisce nel commento anche il risultato delle presidenziali polacche (dove ha vinto l’ultra destro Duda). «Esiste una terza via tra il rigido formalismo burocratico conservatore e la demagogia del tutti contro l’euro», aggiunge Matteo Renzi, recuperando in qualche modo una formula – «la terza via» – che segnò oltre quindici anni fa la comunicazione politica del D’Alema filo Blair. Ma oltre al premier, anche Matteo Salvini si sente un po’ vincitore del voto spagnolo. «Il risultato in Spagna e Polonia è una bella mazzata per i difensori dell’Europa delle banche e per i servi di Bruxelles», dice il capo della Lega, che poi ci tiene a marcare la distanza tra il suo partito e i vincitori di Madrid e Barcellona (e non con il nazionalista polacco). «Abbiamo tante differenze con Podemos – dice – ma è una boccata d’ossigeno per l’Europa dei popoli».

Persino l’ultimo arrivato, Raffaele Fitto, reduce dalla fresca scissione da Forza Italia, rivendica una parte di successo. Del resto guida un movimento che si chiama conservatori e riformisti che, almeno nella sigla, cade sempre bene. «Da un anno tanti di noi si battono per mettere in discussione questa Europa, dopo i risultati di Spagna e Polonia è evidente che la gabbia di assurde regole anticrescita deve essere messa in discussione», dichiara. Mentre Nichi Vendola si occupa di far notare le incoerenze: «Con la vittoria di Podemos – dice il leader di Sel – viene sconfitta sia l’Europa liberista di Renzi sia l’Europa fascista di Salvini. Patetici i due Mattei che si intestano una vittoria che è contro le loro politiche».
Renzi ne ha bisogno anche per esorcizzare qualche preoccupazione che l’ha sorpreso al termine di una campagna elettorale per le regionali che considerava in discesa, tanto che aveva previsto una vittoria del Pd per 6 a 1 (dando per perso solo il Veneto). Ieri ha corretto l’entusiasmo, spiegando che «se finisse 4 a 3 per noi sarebbe comunque una vittoria».

Osservate speciali la Liguria dove la renziana Paita rischia di non vincere o vincere male per la concorrenza del candidato di sinistra Pastorino. E la Campania dove De Luca è zavorrato dalle liste cariche di impresentabili e da una condanna che lo condizionerà nella guida della regione: in caso di vittoria dovrebbe essere sospeso per la legge Severino. E proprio in Liguria ieri è tornato Renzi, concentrando ancora i suoi attacchi contro il candidato di sinistra. «Vogliono fare della Liguria il laboratorio della sinistra? No, è la sala d’infermeria della nuova destra, vogliono rimetterla in moto. Chi vi dice “io sono più di sinistra” – ha detto in un comizio a La Spezia – fa quello che ha fatto Bertinotti qualche anno fa, spalanca le porte alla destra. Non dobbiamo consentire a nessuno di usare la regione per fare il bertinottismo 2.0». L’ennesimo richiamo al voto utile fatto sorvolando allegramente sul modo in cui è stata scelta la candidata renziana, al termine di contestatissime primarie.

«Per il governo il voto delle regionali non cambia niente», dice Renzi. Ma l’aveva già detto prima del voto per le europee del 2014, salvo costruire tutta la sua retorica successiva sul 40% dei voti che prese allora il Pd. Stavolta l’operazione recupero a sinistra comprende l’annuncio della legge sulle unioni civili: «La proposta della senatrice Cirinnà sarà votata tra luglio e settembre, credo che possa funzionare». In ogni caso niente che assomigli al matrimonio tra omosessuali, «replichiamo il modello tedesco, diverso da quello irlandese». Infine un pensiero gentile per Berlusconi – «non c’è più odio, non parlerò mai male di lui» – non del tutto ricambiato. «Se vinciamo in Campania, Veneto, Liguria e Umbria la sinistra del Pd manderebbe Renzi a casa, e ce ne sarebbe un gran bisogno», ha detto l’ex Cavaliere. Ipotizzando un’impossibile 4 a 3 rovesciato. red. pol.