Boccata di ossigeno per il potere giudiziario in Polonia: il presidente polacco Andrzej Duda ha annunciato ieri mattina il veto a due dei tre provvedimenti votati dal partito della destra populista Diritto e giustizia (PiS) in materia di giustizia. Niente da fare per la riforma della Corte suprema e quella del Consiglio nazionale della magistratura. Non ci sarà dunque nessun pensionamento d’ufficio anticipato per i membri dell’organo al vertice della giustizia polacca su decisione del Dicastero della giustizia. Bloccato anche il progetto che prevedeva l’istituzione di un consiglio disciplinare responsabile di valutare l’operato di magistrati e avvocati.

UNA DECISIONE sorprendente che ha spiazzato opposizione e maggioranza, anche perché Duda era stato accontentato pochi giorni fa dai suoi colleghi di partito grazie ad un emendamento che avrebbe indebolito il peso della politica nella scelta dei membri del Consiglio nazionale della magistratura. Poche ore dopo l’ufficio presidenziale ha comunque annunciato il sì di Duda alla terza proposta di legge che introduce dei mutamenti profondi nei tribunali ordinari: il «super-ministro» Zbigniew Ziobro, che ha riunito nella sua persona le funzioni della Procura generale e quelle del Ministero della giustizia, avrà in ogni caso l’ultima parola sulle nomine dei presidenti di tutte le corti del paese ad eccezione dei tribunali militari, amministrativi e della Corte suprema, quest’ultima finita nel mirino del PiS nell’ultimo periodo.

UNA SITUAZIONE che consentirebbe comunque ai politici di esercitare forti pressioni sulla magistratura. Nella peggiore delle ipotesi invece si profilerebbe addirittura una purga dei giudici non allineati alla linea politica della formazione fondata dei fratelli Kaczynski.

Si tratta comunque di una vittoria importante per la società polacca dopo una settimana di mobilitazioni che hanno portato in piazza alcune migliaia di manifestanti anche nei centri più piccoli del paese al grido di «triplo veto». Negli ultimi giorni numerosi cittadini hanno formato delle «catene di luce» in tutta la Polonia: i manifestanti hanno acceso ogni sera miriadi di candele nelle piazze ma anche di fronte alle sedi degli principali organi di giustizia polacchi.

«NON VOGLIO che questa situazione porti ad una spaccatura ancora più profonda del paese», ha dichiarato Duda, esponente del milieu conservatore cracoviano con una formazione da giurista. Si tratta di un gesto per certi versi distensivo nell’ambito della cosiddetta guerra «polsko-polska» (conflitto ideologico ed istituzionale nella società polacca, ndr) tra sostenitori e oppositori del PiS. Qualche mese fa il premio Nobel per la pace e storico fondatore di Solidarnosc Lech Walesa aveva paragonato tale situazione ad una «guerra civile» in virtù della polarizzazione estrema che sta vivendo il suo paese negli ultimi anni.

ALLO STESSO TEMPO, Duda si è affrettato a dichiarare il suo impegno in prima persona nella stesura di un nuovo progetto di riforma degli organi risparmiati grazie al suo doppio veto. Il PiS potrebbe provare comunque a forzare la mano: con due terzi dei voti al Sejm, la camera bassa del parlamento, i due provvedimenti diventerebbero legge nonostante il doppio «nie» di Duda. Alla lunga la perseveranza dei manifestanti è stata comunque premiata mentre la maggioranza ha mostrato un crescente nervosismo negli ultimi giorni.

RADIO POLAND ha riportato che il ministro degli esteri polacco Waszczykowski avrebbe chiesto alla ministra della giustizia tedesca Maas di non «interferire» nel processo legislativo in corso a Varsavia. Maas aveva dichiarato alla Bild che la riforma della giustizia porterebbe all’isolamento della Polonia a Bruxelles. Durante il dibattito sulla riforma della corte suprema al Sejm, il vicepresidente della Commissione europea Timmermans aveva dichiarato che la Ue sarebbe pronta a chiedere l’applicazione dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona per chiedere la sospensione dei diritti di voto della Polonia nel Consiglio Ue.