Nel 1972 era nata la prima edizione di Pollution da un’idea della Fondazione Iris che ha voluto pavimentare l’intera Piazza Santo Stefano nel cuore di Bologna con piastrelle di ceramica denominate appunto «Pollution» e che in superficie riproducevano il disegno di una zolla di terra. Inoltre ha chiamato ventisei artisti per compiere diverse azioni a favore di una denuncia politica, sociale e ambientale con notevole anticipo della nascente problematica riguardo l’inquinamento atmosferico. Ora, nel 2018, in occasione del Cersaie e della decima edizione della Design Week, lo studio dell’architetto Mario Cucinella si è appoggiato a quella idea e assieme agli allievi della sua Sos (School of Sustainibility) nata all’interno del suo studio come master per futuri architetti ha creato in quella stessa piazza un bosco di giovani querce delimitato entro un triangolo acuto con la superficie a specchio che guarda il cielo. Denominata anche questa installazione Pollution ha l’intenzione di andare oltre a quella di semplicemente colpire lo sguardo di passanti, curiosi e addetti del settore, volendo far «riflettere» appunto sulla condizione vissuta nelle nostre città. Per questo c’è un corridoio centrale che offre la possibilità di entrare nel boschetto dato che sulla superficie a specchi è vietato camminare benché abbia proprietà e capienza tecnica di un palco, tant’è che vi si sono svolti concerti, letture sceniche e performance di danza, alternate nelle diverse serate.

NATURA MUTANTE
Quarantasei anni fa le azioni sceniche servirono a catturare l’attenzione del pubblico verso una «natura mutante» a causa di tanti fenomeni di contaminazione verificatisi per via di emissioni vaporose dalle fabbriche di materiali nocivi alla salute umana nonché per le acque di scarico con sostanze pericolose. Non è che siano spariti questi ultimi, oggi giorno, no, piuttosto il focus andava puntato verso una presa di coscienza da parte di tutti nella direzione di una responsabilizzazione nei confronti del cosiddetto Bene Comune che è il nostro immediato circondario in cui viviamo. La nostra terra presa in prestito! Come ci sentiamo (e ci comportiamo) quando ci rechiamo in un parco per godere dell’aria fresca sotto gli alberi? Allo stesso modo i giovani architetti volevano far sentire la differenza dell’aria facendo passare la gente in mezzo alla installazione e indurre alla riflessione (grazie agli alberelli e alle silhouettes dei palazzi che nell’immagine riflessa vanno a creare un tutt’uno) per una nuova vita in comune tra umanità e natura.

Il mondo negli anni Settanta era il risultato del capitalismo avanzato culminato in un consumismo esagerato che produceva un enorme inquinamento (oggi cresciuto all’ennesima potenza, basti pensare all’invasione della plastica) e secondo le indicazioni degli organizzatori era basato su cinque pilastri: l’inquinamento (il problema), il capitalismo (la causa), l’imbroglio ecologico (la sintomatologia), l’estetica dell’inquinamento (la contraddizione) e la percezione del disinquinamento (la soluzione). Mentre l’installazione del 1972 sul cartello è titolata Per una nuova estetica dell’inquinamento, quella del 2018 si rifa a una RefleAction per passare «dalla denuncia all’azione»: dal disegno della zolla ora nascono gli alberi veri e propri piantati nel mezzo di una realtà urbanizzata al massimo.
Realizzata nuovamente in collaborazione con Iris Ceramica Group, Pollution 2018 vuole creare la consapevolezza che noi esseri umani siamo parte dell’enorme ecosistema e nel suo disegno cuneiforme che va insinuandosi nel disegno circonferenziale della piazza vuole annullare le gerarchie della stessa riportando, come già accennato, nell’immagine riflessa tutti – architetture, alberi, cielo, nuvole, uomini, donne, bambini e animali – sullo stesso piano.

SPAZI URBANI
Oasi naturale per una settimana, Piazza Santo Stefano «alberata» vuole parlare di una nuova concezione degli spazi urbani, per un futuro in cui l’uomo non si pone al di sopra della natura, eliminandola a favore di spazi di un’estetica che di sicuro hanno le loro bellezze astratte ma di per sé sono alienanti da abitare, ma fa parte di spazi in cui nascono nuove sinergie, nuove convivenze tra prodotti industriali e elementi naturali, per godere di ambienti sani che si possono consegnare senza grandi sensi di colpa alle generazioni future. Ecco l’atto rivoluzionario del 1972 assumere la funzione di trampolino di lancio verso una nuova era in cui consapevolezza, collaborazione sostenibile e decontaminazione prendono il posto dei vecchi pilastri che avrebbero condotto verso una fine certa, quella dell’autodistruzione per autoannullamento.