Guus Kuijer, il celebre autore per ragazzi olandese che scrive per i più piccoli fin dagli anni Settanta, ha confessato in una intervista di non poter proprio fare a meno di gettare uno sguardo umoristico sul mondo. Senza quella chiave, sarebbe impossibile per lui, d’altronde, far passare quei temi tremendi che affronta nei suoi romanzi sulle teste dei bambini, prima che vadano a letto e sprofondino nel mondo dei sogni.

Perché, in effetti, Kuijer non fa sconti a nessuno e, soprattutto, mette in scena una serie di adulti problematici che i ragazzini – più che osservare come modelli – si trovano a dover accudire, capire, digerire nei loro strambi comportamenti. Per i narratori dei paesi del nord non è una novità: l’albero genealogico dell’amata undicenne Polleke vede alle sue radici Pippi Calzelunghe di Astrid Lindgren e un’avventurosa Bibi, l’eroina della danese Karin Michaëlis che gira ovunque, in bici e sui carri bestiami, orfana di madre ma con un padre capostazione che le procura biglietti. La casa editrice Feltrinelli, nella sua collana Kids, sta traducendo tutta la saga di Polleke, intraprendente dodicenne che combatte con un padre finito nella rete della droga, una madre innamorata del maestro e in procinto di sposarsi, un fidanzato marocchino con cui non sempre è facile andare d’accordo, oltre al fatto che tende a baciare pure le amiche.

Con il vento, verso il mare è il libro appena uscito (pp. 105, euro 9) e c’è una novità: Spik, il genitore non proprio rassicurante che le è toccato in sorte, per salvarsi dalle tante dipendenze ha aperto un centro spirituale. Niente di male se non fosse che se ne va in giro vestito con una tunica arancione, «da donna» come è costretta ad ammettere Polleke che cerca di resistere alla vergogna.

Il lettore ha conosciuto la protagonista del romanzo per la prima volta in Per sempre insieme, amen, dove veniva presentata la sua tribù affettiva, nonni, genitori, amiche e amori. L’ha poi reincontrata in Mio padre è un PPP  e in Un’improvvisa felicità. Con la consueta leggerezza di tono, si dipana anche questa nuova avventura di Polleke: Guus Kuijer sceglie come evento centrale la paura della malattia.

È il nonno paterno a finire in ospedale e lo scrittore dà un tocco magistrale nell’interpretare lo stato d’animo di una bambina, con un gesto (fisico e psicologico) semplicissimo: Polleke fa un giro più lungo per tornare a casa perché, non essendo sicura di trovare la madre, non vuole trovarsi da sola a rispondere alla telefonata della nonna con le notizie «fresche». Se qualcosa andasse storto, sarebbe insostenibile. Già l’immaginazione gioca brutti scherzi e fa piangere: prima ancora che accadano cose nefaste il cervello le apparecchia per bene. «Il nonno morirà e io bevo Cola-cola», pensa disperata Polleke dopo l’incontro con il malato e la sua flebo. E anche dopo il matrimonio di sua madre, di fronte al padre Spik lacrimevole non può fare a meno di «vedere» il peggio. Ma la morte si può battere con una «sedia per scrivere poesie»: un oggetto transizionale che un uomo anziano in procinto di andarsene dal mondo dona come meraviglioso filo affettivo a sua nipote, per sopportare meglio la tristezza.