Se anche Giorgia Meloni rompe il pesante silenzio del suo partito, che era rappresentato nell’ormai famoso congresso del Sap dalla presenza di Ignazio La Russa, affermando che «niente giustifica l’applauso» dei sindacalisti ai poliziotti condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi, vuol dire che forse ha ragione Felice Romano, segretario generale del Siulp, a ribadire, come ha fatto anche ieri dopo l’intervista al manifesto di giovedì scorso, che la stragrande maggioranza degli agenti non si riconosce in quella polizia «malata» di cui parla Luigi Manconi (contro il quale si è scagliato il solito Carlo Giovanardi che fa rispuntare gli «anni di piombo» e il ruolo da «responsabile del servizio d’ordine di Lotta Continua» del senatore Pd). Ma ieri, tra le tante voci di condanna di quel gesto da parte dei sindacati di categoria, dal Coisp e dal Sap sono arrivate invece solo parole di fuoco contro lo stesso capo della Polizia di Stato, Alessandro Pansa. Il quale, dicono, avrebbe aperto un «divario abissale» e «incolmabile» «fra sé ed i poliziotti che dovrebbe rappresentare», per usare le parole di Franco Maccari, segretario del Coisp. Stessi toni nel Forum di discussione del Sap con messaggi anonimi che riferiscono: «La frattura tra noi, il mondo politico e il nostro vertice, è sempre più larga».

È questo il «clima che si sta creando», anche di frustrazione tra i poliziotti, tale da preoccupare il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini che si occupò dell’inchiesta sulla banda della Uno Bianca: «È inutile negarlo, c’è disorientamento anche tra i cittadini – dice -. E all’interno della Polizia emergono contrapposizioni che rischiano di andare ben oltre il confronto sindacale e questo potrebbe nuocere gravemente all’immagine della stessa Polizia, minando l’unità di intenti che deve sempre sorreggere una attività investigativa o di ordine pubblico». Getta acqua sul fuoco invece la segretaria dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, Lorena La Spina: «Riteniamo strumentali gli allarmi in merito a presunte spaccature: la Polizia è unita e lo sarà sempre intorno ai compiti assegnati dallo Stato democratico e alla missione di tutela delle istituzioni e dell’ordine pubblico». Ma, aggiunge, «altrettanto strumentali sono le accuse rivolte al ministro Alfano e al Capo della Polizia da chi pensa sia fruttuoso nutrire malcontento e disagio». E, se sono oggettive le difficoltà di lavoro dei poliziotti, è pure «vero – conclude La Spina – che il disagio non mette in forse il nostro spirito di servizio e la nostra abnegazione e non compromette la bontà dell’operato di migliaia di poliziotti».

E infatti Giovannini fa notare che è «un errore trasmettere segnali secondo i quali qualunque denuncia sporta verso appartenenti alle forze dell’ordine viene acriticamente ritenuta vera dalla magistratura». Non è così, testimonia: sono molte, dice, le denuncie contro le forze dell’ordine «che vengono archiviate» perché «infondate». Proprio per questo vale la pena ricordare con quale durezza il Tribunale di sorveglianza di Bologna respinse la richiesta di rinvio ai servizi sociali dei poliziotti condannati per l’omicidio Aldrovandi. Nell’ordinanza firmata dal presidente Francesco Maisto, si legge che «l’imputazione relativa a questi atti violenti (esercitati su Aldrovandi, ndr) è qualificabile come atto integrante gli estremi del crimine di tortura, secondo la definizione recepita dal diritto» internazionale (trattandosi «di reato proprio dei funzionati pubblici o di qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale»). Ma di questa definizione, nel testo di legge in discussione alla Camera, non ce n’è traccia. Lo ha fatto notare di nuovo, ancora ieri, anche l’Unione degli avvocati penalisti. Eppure non basta: per Pansa perfino quel testo rischia di «dare adito a interpretazioni estensive». Va italianizzato ulteriormente.