L’attacco russo in Ucraina fa precipitare i fragili equilibri nell’Europa dell’est a più di trent’anni dalla fine della guerra fredda. La compattezza dimostrata dal fronte occidentale si è rivelata per quello che è: incapacità di gestire efficacemente una crisi dalle radici profonde. Sono in gioco problemi di sicurezza, di approvvigionamento energetico e di stato di diritto soprattutto in riferimento ai confini tra Stati che generano conflitti regionali.

Con la tragica eccezione dei Balcani, dal secondo dopoguerra l’Europa non ha più conosciuto guerre. La Ue è (era?) riconosciuta come un soggetto istituzionale fonte di stabilità, di tutela dei diritti fondamentali e di pacifici rapporti, sia commerciali che politici.
L’Alleanza Atlantica era un deterrente contro minacce esterne. Tuttavia, l’equazione europeismo=atlantismo, non si è rivelata esatta se i Paesi della Ue hanno potuto intraprendere iniziative politiche e di cooperazione internazionale non sempre allineate sulle posizioni statunitensi.

Le politiche euro-mediterranee sono rimaste al livello di intenzione. L’11 settembre 2001 ha infatti prima interrotto, poi spento il progetto di costituzione di un’area di libero scambio e di sicurezza tra Europa e Nord Africa. Le azioni militari in Afghanistan, Iraq, Siria e Libia volute dal governo Bush hanno trasformato profondamente gli equilibri.
La velleità coltivata dagli Usa di imporsi come unica grande potenza si è scontrata con una realtà che non poteva sopportare più a lungo il paradigma della contrapposizione tra bene e male, con la lista di proscrizione degli Stati canaglia che mal ne tolleravano l’egemonia.

Putin è salito al potere dopo la disgregazione dell’ex impero sovietico accentuando lo spirito identitario e nazionalista e risvegliando l’orgoglio di grande potenza. La scomposizione dell’ex impero sovietico con diversi Paesi dell’Est nella Ue è stata percepita da Mosca come un campanello d’allarme. I negoziati per l’allargamento della Ue anche all’Ucraina e soprattutto la decisione Usa di favorirne l’ingresso nella Nato, hanno scombussolato il quadro. Da qui lo scippo della Crimea all’Ucraina, e l’invasione militare del Donbass e di Lugansk .

La Ue ha gestito il disfacimento dell’impero sovietico, con l’affrettato allargamento a quasi tutti i Paesi europei dell’ex blocco sovietico. Il contemporaneo ingresso di quei Paesi nella Nato, ha dato all’equazione europeismo=atlantismo nuova linfa, con richieste di una maggiore incisività della nel contrastare e bloccare l’aggressione russa.

È urgente creare la gamba europea della Nato, cioè una difesa europea in grado di agire dentro l’Alleanza atlantica autonomamente. Il nuovo focus strategico degli Stati Uniti sul Pacifico per la competizione con la Cina è strutturale e il vuoto di potere che ne è conseguito ha reso possibili le crisi intorno all’Europa. È necessario un profondo ripensamento su temi dei quali da tempo si discute.

Sul fronte politico, la Ue deve divenire un soggetto con una propria politica estera e di difesa comune, superando il meccanismo intergovernativo dei veti incrociati che la rendono irrilevante perché dipendente da decisioni esterne. Deve assumere un assetto federale frutto di un processo costituente verso uno Stato federale europeo, come indica il programma del nuovo governo tedesco.

Su quello della difesa, i 27 Paesi della Ue hanno complessivamente una spesa militare più che doppia rispetto alla Russia, ma una capacità militare inferiore. I costi della non-Europa nel campo della difesa sono enormi. Bisogna rivedere il ruolo della Nato: i pericoli legati al Patto di Varsavia non esistono più. Non che non ve ne siano altri, ma paragonare le preoccupazioni della Russia di Putin e il suo tentativo di riacquistare un ruolo internazionale, alla situazione di trent’anni fa, è un grave errore.

Sul piano energetico, la sfida riguarda la creazione di una rete integrata europea e l’acquisto congiunto di energia da Paesi terzi. Durante la pandemia qualcosa di simile è stato fatto relativamente ai vaccini. Una rete integrata europea ridurrebbe il costo dell’energia del 32%. Tale iniziativa renderebbe strutturali gli strumenti fiscali e di debito comune adottati una tantum come risposta alla pandemia per finanziare il Next Generation EU.

In conclusione, vanno sciolti due nodi: la ridefinizione dentro l’alleanza atlantica di un’azione europea unitaria e significativamente autonoma; la Ue deve riaffermare i suoi principi – pace, sicurezza, diritti – a partire dal Manifesto di Ventotene. Credo sia più saggio passare dalla logica improntata al motto “Si vis pacem para bellum” a quella proposta da Papa Francesco nell’Enciclica “Fratelli tutti”.

*Senatore del Pd