«Il segretario generale Guterres si rammarica per queste dimissioni, ma le comprende e fa i suoi migliori auguri all’emissario». Con questa nota ufficiale, lo scorso giovedì le Nazioni unite hanno ufficializzato le dimissioni dell’inviato per il Sahara Occidentale, Horst Kohler, «per motivi di salute».

In carica da agosto 2017, il 76enne ex presidente tedesco aveva cercato di trovare una soluzione a un conflitto vecchio di 44 anni (iniziato nel 1975) ed era riuscito a riavviare dei colloqui di pace tra il Fronte Polisario, legittimo rappresentante delle istanze del popolo saharawi, e il Marocco, insieme ad Algeria e Mauritania come paesi osservatori. Dopo due incontri organizzati a Ginevra – nel dicembre 2018 e nel marzo 2019 – e uno in previsione per l’estate, lo stesso Kohler aveva dichiarato, però, che le posizioni di entrambe le parti «erano profondamente divergenti».

Il Marocco, infatti, pone come unica opzione per la soluzione del conflitto un piano di autonomia, mentre il Polisario punta all’organizzazione di un referendum per assicurare il diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi all’interno dei territori occupati.

La decisione di Kohler, secondo numerosi media, non sarebbe legata tanto a motivi di salute, ma piuttosto sarebbe giunta dopo la votazione della risoluzione 2468 di fine aprile, considerata «troppo morbida e sbilanciata a favore del Marocco».

Risultato ottenuto, molto probabilmente, grazie alla recente campagna diplomatica lanciata dal ministro degli esteri di Rabat, Nasser Bourita, che è riuscita a bloccare qualsiasi tentativo di «controllo da parte dell’Onu» sulle violazioni dei diritti umani nei territori occupati, a escludere dal processo di pace l’Unione africana e a legittimare accordi commerciali (pesca, prodotti naturali e fosfati) tra il Marocco e l’Unione europea.

Nonostante le dichiarazioni ufficiali e di facciata da parte di Bourita, che si è detto «dispiaciuto per la scelta e l’abbandono di Kohler», la stampa marocchina si è dichiarata soddisfatta dell’ennesimo stallo diplomatico, perché, come scrive il quotidiano Yabiladi, «mantiene lo status quo, favorevole allo sfruttamento economico di Rabat di tutte le risorse del Sahara Occidentale».

«Kohler – ha affermato al contrario il ministro degli esteri della Rasd (Sahrawi Arab Democratic Republic), Mohamed Salem Ould Salek – si è trovato nella posizione politica e morale di doversi dimettere a causa del sostegno incondizionato della Francia all’occupazione marocchina e all’irresponsabilità del Consiglio di Sicurezza nel risolvere il conflitto».

«La prossima battaglia non è quella volta a sapere chi sarà il prossimo emissario Onu per il Sahara Occidentale – ha continuato Salek in un’intervista all’agenzia algerina Aps – ma quella di vedere il Consiglio di Sicurezza assumersi le sue responsabilità per imporre la legittimità internazionale come unica soluzione».

Indipendentemente «dalla salute», motivazione invocata come una delle ragioni per le dimissioni di Kohler, esistono – secondo il Fronte Polisario – dei fatti «inconfutabili» che dimostrano che l’inviato delle Nazioni unite sia giunto alle stesse conclusioni dei suoi predecessori (James Baker e Christopher Ross).

Da una parte la missione dell’Onu Minurso, che richiede di rispettare gli impegni assunti nel 1991 per organizzare il referendum sull’autodeterminazione del popolo saharawi, e dall’altra il sistematico fallimento del Consiglio di Sicurezza nel risolvere il conflitto a causa del veto della Francia, alleata del Marocco.