«Basta scuse: noi non chiediamo di essere difesi, perché si difende chi sbaglia, ma di essere tutelati, perché facciamo il nostro dovere”. Giuseppe Apicella conclude così il suo discorso davanti al ministro del Welfare Giuliano Poletti: i suoi colleghi, gli ispettori del lavoro, sono tutti in platea, in una splendida sala del Palazzo Reale di Napoli. Sono venuti qui da tutta Italia, per poter finalmente farsi ascoltare: in quattro o in cinque sulle loro auto, quelle che utilizzano tutti i giorni per recarsi a ispezionare le imprese, e che dopo una visita, sempre più spesso, trovano rigate, bruciate, saltate in aria. Come in una guerra.

È la guerra della legalità nell’Italia della crisi. La guerra di un mondo alla rovescia, che mette alla gogna mediatica chi cerca di far rispettare le regole. «Siamo stati chiamati “assassini”, “corrotti”. I mezzi di informazione ci hanno disegnato come nemici delle aziende e dei lavoratori», dice Giuseppe, mentre i suoi colleghi lo ascoltano attenti, spesso lo applaudono. Fa il suo intervento in piedi – gli sono stati lasciati alcuni minuti alla fine di una tavola rotonda – con il ministro seduto proprio accanto a lui, che spesso annuisce.

«Vorrei chiederle, signor ministro: ma è possibile che per le ispezioni dobbiamo ricorrere alle nostre auto personali?», chiede l’ispettore. «Ma non è questo il momento di parlare delle nostre difficoltà organizzative e degli strumenti che non abbiamo: ci sarà la sede di discussione, speriamo, con i sindacati e i nostri servizi. Ora a noi interessa parlare della nostra dignità, di un’immagine distrutta dopo i fatti di Napoli». Il riferimento è al suicidio del pizzaiolo Eddy De Falco, il 20 febbraio scorso, subito dopo un’ispezione, che ha alimentato gli attacchi contro l’ispettorato.

«Noi ci saremmo aspettati prima le sue parole, prima di questa dichiarazione Ansa – dice leggendo il comunicato che Poletti ha diffuso due giorni prima di venire a Napoli, in modo da svelenire il clima di proteste che sapeva attenderlo – Ci saremmo aspettati una campagna di pubblicità per spiegare ai cittadini chi siamo e cosa facciamo. Volevamo incontrare il ministro privatamente, per dirgli alcune cose riservate. Spero ci dia delle risposte. Perché adesso abbiamo sospeso l’uso dell’auto propria, ma siamo pronti a iniziative più forti». La minaccia, non detta, è quella di autosospendersi del tutto, riconsegnando i tesserini e interrompendo le ispezioni.

L’intervento del ministro, già previsto in conclusione della tavola rotonda organizzata da tempo – sono presenti sindacati, imprese, carabinieri, guardia di finanza: si parla di contrasto al sommerso – viene assorbito tutto dalla risposta all’appassionato intervento dell’ispettore Apicella. Perché il nodo del contrasto all’illegalità, alla fin fine, sta tutto lì: il modo in cui rendo efficace l’attività di ispezione, l’autorevolezza dell’ispettore agli occhi di cittadini e imprese.

«Sappiate – dice Poletti rivolto agli ispettori – che la difesa della legalità resta la nostra priorità. E se abbiamo sbagliato qualcosa, non è stato nel non dire parole in vostra difesa, ma nel dirle forse con un tono inadeguato. Perché dopo i gravi fatti accaduti, per evitare effetti imitativi, abbiamo preferito calibrare i toni».

«Vi aspetto a casa vostra, vi aspetto al ministero la prossima settimana, quando troveremo una giornata – dice il ministro, sciogliendo la tensione e guadagnandosi un applauso – Lì parleremo di tutti i problemi organizzativi, dei vostri strumenti. Sapendo per primi che parlare di voi non è parlare ordinariamente di un qualsiasi dipendente pubblico: perché il vostro ruolo è qualcosa di più generale, e quindi tutto va affrontato tenendo conto della complessità e delicatezza di questa funzione».

Come dire, i nodi sono tanti, non sempre di facile soluzione. Il più grosso è quello della frammentazione dell’attività ispettiva in decine di enti, tra cui i principali sono Inps, Inail, la Gdf, le Asl, lo stesso ministero. Ma Poletti cerca di non eludere uno dei punti della piattaforma degli ispettori, la richiesta di creare un coordinamento unico: «Lavoreremo su un coordinamento delle ispezioni, non solo per migliorarne l’efficacia, ma anche per limitare il più possibile i disagi alle imprese». E infine aggiunge altre due ricette: «Semplificare la burocrazia e commisurare in modo intelligente la sanzione ai singoli casi».