«Da bambino rimanevo spesso deluso dagli adattamenti cinematografici dei libri che amavo: alcuni personaggi sparivano, ne apparivano di nuovi e la storia spesso veniva cambiata». Lo dice Polanski alla conferenza del suo D’apres Une Histoire vraie ( tratto dal libro omonimo di Delphine de Vigan e sceneggiato da Olivier Assayas), film di chiusura del Festival di Cannes la cui presenza sulla croisette è stata annunciata appena pochi giorni prima dell’inizio dell’evento. In molti, sapendo che il film di Polaski era pronto, avevano quindi sospettato che anche il Festival francese si fosse fatto travolgere dalla polemica che ha spinto Polanski a rifiutare la presidenza dei premi César, trascinandolo sovente sulle pagine dei giornali: il caso giudiziario ancora aperto contro di lui negli Stati uniti (ma di recente archiviato nella natìa Polonia) per lo stupro negli anni Settanta di una minorenne. La vita privata e giudiziaria di Polanski non entra però nella presentazione del suo film, se non per il fatto che la protagonista è la moglie del regista Emmanuelle Seigner: «Sul set abbiamo un rapporto totalmente professionale», spiega lui.

E proprio ricordando le sue «delusioni» di bimbo, spiega Polanski: «Mi sono sforzato soprattutto di non allontanarmi dalla versione originale della storia, come ho sempre fatto nei miei film tratti da romanzi o opere teatrali. Per fortuna Olivier è riuscito a mantenere nella sceneggiatura tutta la storia originale». Assayas osserva poi come l’elemento che ha amato di più della storia da lui adattata per il cinema è il rapporto tra realtà e finzione: «Le persone non sanno più comprendere la finzione: tendono a pensare che sia vero solo ciò che è ’reale’. Ma io penso l’opposto, che la finzione conduca a una verità molto più profonda».

La rivalità tra due donne al cuore di D’Apres une histoire vraie, sottolinea Polanski, è una novità per lui: «Nei miei lavori di solito si scontrano due uomini, o un uomo e una donna. Ma l’atmosfera generale mi ha riportato ai miei lavori per per cui comunque mi sentivo a mio agio». Come tutti i registi passati da Cannes, anche Polanski viene interpellato sulla disputa con Netflix: «Penso che sarà il futuro a darci una risposta in merito – afferma il regista premio oscar per Il pianista – ma non credo che il cinema sia in pericolo: la gente continuerà a vedere i film in sala e non per via del suono migliore o per la qualità della proiezione, ma perché consente di partecipare a un’esperienza collettiva. Ricordo che quando hanno cominciato a circolare gli walkman in molti temevano la fine della musica dal vivo. E invece oggi vediamo dei concerti con folle oceaniche mai viste prima, di centinaia di migliaia di spettatori».