Nessuna sorpresa. Dalle primarie online di Podemos è uscito il verdetto che tutti si aspettavano: il leader Pablo Iglesias sarà il candidato premier. Con il voto di circa 60mila iscritti (poco più del 15% delle persone registrate al portale web della formazione), da ieri è ufficiale quello che non è mai stato davvero in discussione: anche i settori critici interni hanno sempre riconosciuto che a guidare la nuova forza politica nella competizione elettorale d’autunno non poteva che essere il carismatico politologo 36enne.

E proprio questo, forse, non ha motivato granché alla partecipazione: «Ma il voto di 60mila iscritti per noi non è un cattivo dato» hanno detto dal quartier generale. Soltanto oggi, invece, sapremo ciò che nelle consultazioni della base era davvero in gioco: la strategia delle alleanze.

Il gruppo dirigente di Podemos vuole stringere accordi con le forze regionaliste di sinistra – Inciativa per Catalunya, Compromís a Valencia, la Marea in Galizia – ma rifiuta la proposta di creare una lista nazionale di «unità popolare» avanzata dal giovane leader di Izquierda unida (Iu) Alberto Garzón. «Non vogliamo essere etichettabili come ‘sinistra radicale’, che è quello che desiderano i nostri avversari», è il mantra di Iglesias e compagni. Molti sostenitori di peso di Podemos, però, vedrebbero di buon occhio l’intesa con Iu: l’ultimo a schierarsi in tal senso, l’ex eurodeputato Carlos Jiménez Villarejo in un articolo pubblicato tre giorni fa dal quotidiano El País con l’eloquente titolo «Per l’unità della sinistra».

Jiménez Villarejo non è uno qualsiasi: 80enne, ex magistrato, è una figura storica dell’antifranchismo spagnolo e della lotta contro la corruzione nella politica. Tra i «padri nobili» della sinistra iberica è stato il primo ad appoggiare pubblicamente Podemos fin dagli esordi, tanto da essere candidato alle europee. Dichiarò in anticipo che, se fosse stato eletto, si sarebbe dimesso per lasciare spazio ai giovani: cosa che prontamente fece una settimana dopo aver ufficialmente assunto l’incarico di eurodeputato.

La sua opinione, dunque, è molto autorevole, e il suo appello all’intesa con Iu potrebbe avere influenzato almeno in parte l’orientamento della base. Fra gli argomenti usati da Jiménez Villarejo, anche uno di carattere pragmatico: la legge elettorale spagnola (uno strano proporzionale «con effetti maggioritari») favorisce le liste maggiori.

Nell’attesa che si definisca lo scacchiere delle alleanze intorno a Podemos, ieri hanno siglato un patto d’azione tre forze indipendentiste di sinistra radicale: i baschi di Bildu, i galiziani del Bloque nazionalista galego e i catalani della Cup (Candidatura d’Unitat Popular). Uniti nell’obiettivo di «rompere le catene» che legano i rispettivi territori alla Spagna, nel nome del «diritto all’autodeterminazione». E prosegue anche il cammino delle forze politiche catalane in vista delle importantissime elezioni regionali del 27 settembre, che avranno il carattere di una sorta di referendum per l’indipendenza da Madrid.

La lista promossa da Podemos sul modello delle comunali di Barcellona ha trovato il suo numero uno: lo storico attivista dei comitati di quartiere della capitale catalana Lluís Rabell. E lo schieramento avversario, frutto dell’intesa pro-secessione fra la destra del governatore Artur Mas e la sinistra repubblicana di Erc, ha convinto il cantautore Lluís Llach, autentico «mito» della cultura progressista catalana, a correre sotto le proprie insegne.