La Catalogna, dopo il momento topico del «referendum illegale» del 1 di ottobre 2017 e delle sue conseguenze è di fatto uscita dai radar dell’attenzione nel nostro paese. Eppure in questi mesi la situazione in tutta la Spagna sembra prendere una china pericolosa al limite della legalità democratica.

La condanna penale (tre anni e mezzo) a un rapper colpevole di aver offeso il re e la famiglia dei Borboni in alcune delle sue canzoni; la repressione contro gli immigrati, con la drammatica morte pochi giorni fa del mantero senegalese, Mame Mbaye.

Poi c’è la questione catalana, ancora drammaticamente aperta, con i suoi prigionieri politici e gli esiliati: persone in carcere, alcune ormai da più di 5 mesi, o costrette all’esilio per aver sostenuto il progetto politico indipendentista, progetto che ha creato tensione politica e istituzionale ma nessun atto di violenza da parte degli indipendentisti (le uniche violenze, in alcuni casi brutali sono quelle compiute dalla polizia ’spagnola’ il giorno del referendum).

Come tutti sanno lo scontro politico sulla questione dell’indipendenza ha prodotto l’applicazione dell’articolo 155 che ha affidato il governo della Catalogna a quello nazionale, cioè al Partito popolare, che nelle successive elezioni convocate e imposte sulla base della sospensione dell’autonomia regionale ha ottenuto un consenso che non va oltre il 4% dell’elettorato.

Abbiamo quindi una regione amministrata da un partito che non ha alcuna legittimità dal punto di vista della rappresentatività democratica e dove, invece, i dirigenti dei partiti politici più votati si trovano in carcere o costretti all’esilio.

I limiti e gli errori gravissimi della dirigenza politica indipendentista sono evidenti e il manifesto li ha più volte sottolineati; rimane il fatto incontestabile che il consenso elettorale ai tre partiti indipendentisti sia rimasto sostanzialmente stabile nelle elezioni del dicembre 2017.

Ci troviamo quindi in una situazione di stallo e di grave vulnus democratico. Una parte della magistratura spagnola, non particolarmente famosa per la sua indipendenza dal potere politico, prosegue con la sua azione repressiva, non solo rifiutando di rimettere in libertà chi si trova in prigione in attesa di processo, ma ordinando di nuovo l’arresto per gli imputati che erano usciti dal carcere su cauzione e avviando ulteriori azioni contro i dirigenti di tutti i partiti indipendentisti.

Proprio per sfuggire all’arresto sono state costrette all’esilio, dopo il Presidente Puigdemont, anche Anna Gabriel, dirigente della Cup e, proprio ieri, Marta Rovira, dirigente di Esquerra Republicana.

In questa situazione pericolosissima sembra sempre più necessaria un’iniziativa politica forte da parte di Podemos, la sola forza politica nazionale che, pur contraria all’indipendentismo, sostiene il diritto all’autodeterminazione del popolo catalano: quella di proporre un’amnistia generale per tutte le vicende legate al referendum indipendentista del 1 di ottobre.

Una campagna nazionale per l’amnistia appare come l’unica iniziativa politica capace di sbloccare la situazione e, per Podemos, uscire da quella posizione esclusivamente difensiva che ha prodotto enormi danni a livello di consenso nelle elezioni catalane e nei sondaggi nazionali.

Un’amnistia significherebbe prima di tutto la liberazione dei prigionieri politici e la possibilità di rientrare per gli esiliati; sbloccherebbe l’impasse, permettendo la costituzione in tempi brevi di un legittimo e democratico governo catalano e quindi la fine dell’anomalia dell’applicazione del 155.

Infine, forse la cosa più importante, permetterebbe di riannodare le fila di un dialogo possibile per risolvere la questione catalana in un quadro di nuovo modello istituzionale della Spagna. Una campagna simile sarebbe sicuramente complicata, vista l’ostilità della maggioranza dei partiti ’spagnolisti’, compresa buona parte del Psoe che con alcuni dei suoi dirigenti storici, come Felipe Gonzales, è in prima fila nel richiedere carcere e repressione.

Difficile quindi, ma non impossibile in quella Spagna che solo due anni fa vide imporsi in tutte le grandi città le forze del cambiamento, guidate proprio da Podemos. Occorre assolutamente bloccare subito l’ondata nazionalista reazionaria guidata da Ciudadanos e sostenuta dall’azione repressiva della magistratura.

La politica deve riprendere il sopravvento e non delegare a una magistratura reazionaria e subalterna al potere la gestione della questione catalana. Nessun dialogo è possibile senza prima la liberazione dei prigionieri politici.