La prima settimana di consultazioni con il monarca spagnolo si è chiusa ieri con i fuochi d’artificio. Dopo una giornata piena di colpi di scena, poco prima delle 21 arriva il notizione: Mariano Rajoy rinuncia all’incarico offertogli da Filippo VI di formare il governo.

Motivo? C’è una maggioranza assoluta di voti contro di lui, e «per il momento», dice il presidente ad interim del governo, la sua opzione di governissimo Pp-Psoe-Ciudadanos non «ha i voti sufficienti». Rajoy, soprattutto, non ha intenzione di far scattare il conto alla rovescia convocando un’inutile sessione di investitura: a partire dal giorno dell’arrivo al Congresso, infatti, se dopo 60 giorni non c’è un governo, scattano le elezioni anticipate.

La repentina decisione del leader popolare arriva dopo un giorno convulso. Da lunedì Filippo VI sta gestendo la sua prima formazione di un governo, e in condizioni politiche totalmente nuove. Ieri era il turno dei tre principali partiti: Podemos, Psoe e Pp.

Fino a giovedì sembrava addirittura che, date le inedite circostanze politiche, il capo dello stato si accingesse a rompere la tradizione che prevede che l’incaricato debba essere il candidato del partito maggioritario. Ma Rajoy aveva detto giovedì che l’incarico lo voleva, nonostante fosse evidente che gli mancavano gli appoggi parlamentari sufficienti.

A rovesciare tutto, ieri mattina, è stato Pablo Iglesias di Podemos. Approfittando abilmente del fatto di essere il primo della giornata reale, ha lanciato la sua bomba.

Alla stampa prima ancora che allo stesso Pedro Sánchez ha detto di aver proposto al re «un governo socialista di cui io sia il vicepresidente», e in cui entri anche Alberto Garzón e Izquierda Unida. Un governo «plurale, proporzionale ai risultati e paritario».

Podemos con questa proposta vince comunque: se si forma il governo, ma anche se si torna alle urne perché può sempre sostenere di averci provato.

Il gesto ha spiazzato totalmente i socialisti, costringendoli a doversi riposizionare – e anche molti militanti di Iu, con il dente avvelenato verso la formazione viola dopo le vicissitudini della fallita formazione del gruppo parlamentare, per colpa del No di Podemos a che si unisse alla coalizione valenziana.

Lo sconcerto fra le file socialiste per la proposta di Podemos era tale che Sánchez, tagliava corto con una battuta: «Sono entrato alla Zarzuela (la residenza del monarca, ndr) senza un governo e ne esco con ministri e ministre».

Ma se la posizione ufficiale socialista in mattinata era «prima le politiche e poi i nomi» e che avrebbero parlato «a destra e sinistra», ieri sera Sánchez e Iglesias hanno fatto sapere che, per la prima volta, si vedranno questo weekend per parlare per davvero del governo.

I tre partiti parlano tutti, con accenti diversi, di un piano di azione sociale immediato basato fra l’altro sul lavoro, sull’economia e sull’emergenza sociale. Sia Podemos che Psoe hanno già depositato proposte concrete. Da parte sua, Garzón ha espresso la speranza che le parole di Iglesias siano «sincere» e non «tattiche»: «Prima il programma, poi l’investitura, e poi i ministri per il governo». «Non è imprescindibile stare nel consiglio dei ministri, e questo lo decideranno le basi».

La Casa reale ha fatto sapere che lunedì chiamerà il presidente della camera bassa Patxi López per riprendere le consultazioni da mercoledì – ma in questo modo l’orologio dei tempi rimane bloccato un’altra settimana. Quando finalmente verrà convocato il Congresso, se nella prima votazione il candidato non ottiene la maggioranza assoluta, 48 ore dopo gli basterà solo che i sì siano più dei no.

Nella negoziazione per l’investitura dovranno entrare tutte e tre le coalizioni di Podemos, che metteranno sul tavolo la questione della plurinazionalità che tanti mal di pancia genera all’interno del partito socialista.

Ma Sánchez dovrà anche ottenere l’appoggio o almeno l’astensione di tutti gli altri partiti che non siano il Pp o Ciudadanos per poter superare l’investitura.

Le prime reazioni ufficiali di fronte ai giornalisti del responsabile organizzazione del Psoe César Luena sono furenti e segno di difficoltà: “Da Rajoy un gesto irresponsabile, ma parleremo con tutti, incluso Rajoy. Deve essere chiaro però che il suo tempo è finito, noi siamo disponibili a un governo progressista”.

Il rischio che a bruciarsi sia don Pedro e non don Mariano, come speravano i socialisti, è altissimo.