Si scaldano i motori per il prossimo congresso di Podemos, il secondo della sua storia. Si terrà a febbraio, a Madrid, provocatoriamente in concomitanza con quello del Partito Popolare. Una consultazione tra gli iscritti ha già deciso le regole del gioco per l’assemblea di rifondazione del partito, perché non è stato possibile trovare un accordo tra i diversi settori, rappresentati da tre diversi documenti. Quello del leader Iglesias, «Podemos para todas» al femminile per strizzare un occhio al gruppo di donne che invece ha contribuito al documento «Recuperar la ilusión», quello del numero due Errejón, e «Podemos en movimiento» del gruppo Anticapitalista. La diatriba è tutta tra votare progetti e linea politica separatamente dalle candidature alla direzione, o no. Alla fine non ci sono state sorprese e, solo per un paio di migliaia di voti, ha prevalso la proposta di Iglesias. I documenti sulla strategia si voteranno insieme al gruppo di persone che aspirano ad entrare, o a rimanere, nella direzione del partito.

Non ci sono vincitori in questa competizione, ha vinto Podemos, sostiene Iglesias, e Errejón, confortato dal poco distacco, afferma che ci sono due progetti che devono capirsi. Il risultato, infatti, dice che Podemos è molto di più della posizione del suo attuale segretario e del gruppo che gli gira intorno ed ora si tratterà di incorporare tutte le diverse sensibilità. Nessuno dei progetti presentati vuole un congresso di basso profilo, capace solo di amministrare e consolidare il successo di questi anni. Tutte le anime presenti oggi in Podemos, sono convinte che dare rappresentanza al movimento del 15M non basti più. È necessario portare al governo del paese le aspirazioni e le idee di nuova Spagna che da quel movimento sono scaturite. Nel congresso verrà delineato quale partito serve per realizzare questo obiettivo. Leaderistico e che accentra le decisioni, come in parte è stato fino ad ora, o con una direzione più collegiale e capace di dislocare molte delle decisioni ai circoli territoriali? Che ruolo vi giocheranno le tante donne? Il femminismo sembra essere uno dei punti forti del dibattito, nominato in tutti i documenti, ma poi dimenticato proprio quando per formare il gruppo di lavoro che preparerà il congresso non vengono rispettate le norme paritarie.

Meglio un partito autosufficiente o meglio costruire una rete in cui consolidare le alleanze territoriali sviluppatesi in questi anni, come En Comú Podem o i collettivi sociali, le maree, trasformandole da alleanze puramente elettorali in scelte strategiche? E poi l’interrogativo di fondo: che qualità e priorità dare all’opposizione, nel parlamento e soprattutto nel paese, capace di modificare i rapporti di forza, oggi favorevoli alle destre? Il punto più delicato di questo congresso non sembra essere quello di trovare solo una sintesi unitaria, ma che il confronto avvenga e si intrecci con ciò che sta succedendo nel paese. Il piccolo aumento dei salari minimi, strappato dal PSOE per dimostrare quanto fosse giusto permettere la nascita del governo Rajoy, in realtà si perde quando non si registra alcuna discontinuità né con l’obbedienza cieca ai liberisti europei, né con le disastrose politiche sociali del precedente governo Rajoy.

È una Spagna dove povertà e disoccupazione continuano a crescere, dove i diritti continuano ad essere messi in discussione, dove ancora è in vigore una legge durissima – la ley mordaza – che quasi impedisce le proteste. La crescita senza benessere perseguita da Rajoy e da chi lo sostiene premia e arricchisce i soliti noti. Pochi flash sulla Spagna reale spiegano bene quanto sarebbe dannoso per il futuro del paese un congresso che portasse ad un declino di Podemos e di fatto a un rilancio del bipartitismo. C’è più che mai bisogno di Podemos per non vivere più in una Spagna in cui una persona anziana muore bruciata viva perché privata dell’energia elettrica per morosità e costretta a riscaldarsi con quelle candele che hanno dato fuoco alla casa. È il fenomeno diffuso di povertà energetica di interi strati sociali. C’è bisogno di Podemos per fermare gli sfratti, per ridare l’assistenza sanitaria ai tanti che l’hanno persa, agli immigrati, per non continuare a morire per alluvioni e frane, figlie del cambio climatico che Rajoy nega esistere e del dissesto del territorio che la cementificazione autorizzata ha prodotto. Insomma agganciare Podemos ai problemi del paese e ai conflitti che ne scaturiscono sarebbe la migliore garanzia per un esito del congresso unitario e soprattutto per costruire le condizioni del cambiamento. Ora, però, torrone di Alicante per tutt@ fino al nuovo anno.