Arrampicarsi su un albero o far rimbalzare una pietra sull’acqua, ascoltare i richiami degli animali o fermarsi ad osservare un prato con la lente di ingrandimento, attraversare un ruscello a piedi nudi o farsi degli orecchini con le ciliegie: sono solo alcune delle 50 cose da fare prima degli 11 anni, una mappa di attività da fare in natura che il Wwf ha proposto a bambini e genitori in occasione di Urban Nature, l’evento nazionale organizzato domenica scorsa in oltre 120 città in tutta Italia per far conoscere la natura dei nostri centri urbani.

50 ATTIVITA’ PER STARE ALL’APERTO, SEMPLICI, ma capaci di far esplorare tutte le sensazioni legate al movimento, al gioco e alla conoscenza, sfruttando le potenzialità dello stupore e della fascinazione tipiche dell’età più giovane. La forza di queste esperienze, un tempo patrimonio della crescita di tutti, sta nel fatto che coinvolgono l’individuo nella sua fisicità, emotività, affettività e intelligenza.

Il paradosso di questo nostro tempo è che proprio i giovani, tanti dei quali sono impegnati a risvegliare le coscienze chiedendo azioni concrete per combattere i cambiamenti climatici e una maggiore attenzione alla natura, hanno sempre meno a che fare con quest’ultima. Siamo di fronte ad un vero e proprio deficit di natura, espressione coniata dal giornalista americano Richard Louv per evidenziare la separazione dei più piccoli, ma non solo, dagli elementi naturali. Ormai gli studiosi vi individuano una malattia del nostro tempo per le nuove generazioni che crescono lontani da alberi e terra, da formicai e nidi, da farfalle e bacche.

TUTTI NOI, BAMBINI E ADULTI, PASSIAMO SEMPRE più tempo in nuclei urbani strutturati e organizzati sulle esigenze delle auto e non delle persone. Mancano spazi comuni e quelli per i bambini sono piccole isole in un mare di cemento.

Dal dossier Wwf 10 passi per incontrare la natura a scuola del 2018 emergeva un dato emblematico: il raggio di allontanamento autonomo da casa di bambini e ragazzi negli anni è crollato. Se all’inizio degli Anni ‘70 del secolo scorso l’80% dei ragazzi andava a scuola a piedi, da solo o con qualche coetaneo, già negli Anni ’90 la percentuale si era abbassata a meno del 10%. Le ragioni di questa mutazione sono molteplici: sicuramente le nostre strade, sempre più trafficate e meno sicure, ma anche l’atteggiamento di noi adulti che finiamo per alimentare questa spirale, scegliendo di trasportare in auto i nostri figli, quasi come pacchi inanimati, da un luogo all’altro delle città per andare a scuola, dagli amici, in palestra…

Questo chiudersi in luoghi artificiali ha effetti negativi sulla crescita. Il contatto con la natura, al contrario, influisce sullo sviluppo cerebrale ed emotivo in maniera positiva. Raccogliendo le evidenze scientifiche e pedagogiche più recenti, il Wwf ha stilato i 10 fattori di miglioramento che derivano dal contatto con la natura. Benefici che vanno oltre quello, ovvio, per il fisico: dal contenimento dello stress allo stimolo della socialità, dallo sviluppo di autonomia e autostima fino alla riduzione di disturbi depressivi e comportamenti problematici.

LA STESSA INTELLIGENZA E’ INFLUENZATA DALLA VITA in ambienti ricchi di verde: uno studio condotto in Belgio e pubblicato nell’agosto 2020 su Plos Medicine ha messo in correlazione il rafforzamento del Quoziente Intellettivo con il crescere in spazi urbani con tante aree verdi: l’aumento del 3% di spazi naturali del loro quartiere ha incrementato in media di 2,6 punti il QI di 620 bambini e ragazzi di età compresa tra i 10 e 15 anni. Altre ricerche hanno poi dimostrato che anche nella gestione di particolari disturbi in aumento tra i minori, come la difficoltà di concentrazione e attenzione, si nota un miglioramento quando si dispensano ai ragazzi «dosi di natura». E del resto aspetti importanti nella crescita e nello sviluppo dei bambini, come l’empatia e la creatività, sono avvantaggiati dal contatto con la natura: il gioco e l’esplorazione da sempre favoriscono le attività in comune e la ricerca di soluzioni ai problemi.

DURANTE IL RECENTE LOCKDOWN ABBIAMO TUTTI apprezzato la natura con cui conviviamo nei nostri centri urbani e abbiamo compreso l’importanza di vivere in aree urbane sane, sicure e in armonia con la natura. Eppure a questi diffusi sentimenti non corrispondono comportamenti conseguenti nelle nostre scelte. Le previsioni, elaborate su dati Ispra da un gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila che da anni collabora con il Wwf, dimostrano che si sta facendo esattamente il contrario: secondo le stime più ottimistiche, nel 2050 le aree urbanizzate in Italia (dove già oggi vive più di 1/3 della popolazione) dovrebbero divorare 800 chilometri quadrati di aree libere, vale a dire l’equivalente di altre 2,5 «Rome». Una cementificazione di aree naturali che continua senza sosta: negli ultimi 50 anni solo negli ambiti fluviali si è consumato suolo per circa 2.000 kmq, un’area grande quanto 310.000 campi di calcio.

SONO QUESTE ALCUNE DELLE CONSIDERAZIONI contenute nel recente Report WWF Safe City in armonia con la Natura: per città più verdi, più sane e più sicure. Nel mondo, ma anche in Italia, non mancano esempi virtuosi di pianificazione attenta al verde delle nostre città: boschi cittadini, progetti di deimpermeabilizzazione e di agricoltura urbana per resistere in maniera naturale alle maggiori precipitazioni, interventi su mense scolastiche e aziendali o sulla grande distribuzione per orientare verso una produzione alimentare più sostenibile… Progetti concreti che dovrebbero accompagnarsi ad una infrastrutturazione sociale basata su un approccio relazionale che favorisca la governance condivisa delle nostre aree urbane e che sia capace di pianificare e progettare città resilienti.
È arrivato il momento di riprogettare le città, realizzando piani e progetti di trasformazione e rigenerazione urbana che diano più spazio alla natura, garantendo la resilienza dei sistemi naturali. Il tempo delle scelte è questo.