Se si esclude la parentesi dei due anni di Ignazio Marino, finita male per il sindaco e forse ancora peggio per i dirigenti del Partito democratico che decisero di estrometterlo dal Campidoglio, erano tredici anni che il centrosinistra non amministrava Roma. Eredita una città in cerca di identità, in crisi economica da prima della pandemia, che ha visto le disuguaglianze crescere considerevolmente. I tre settori che fino a pochi anni fa hanno caratterizzato il tessuto economico romano (il cemento, il commercio e il pubblico impiego) sono da tempo al palo. Ci sarebbe il turismo, ma è accaduto che (non senza la responsabilità delle amministrazioni di centrosinistra a cavallo tra i Novanta e i gli anni zero la città con il patrimonio artistico, storico e culturale più importante del mondo ha svuotato il centro storico dei suoi residenti per farne un parco a tema che è diventato preda di piattaforme digitali e visitatori mordi-e-fuggi.

Eppure, da giorni Roberto Gualtieri va ripetendo che i prossimi anni saranno per Roma un’«occasione irripetibile». In effetti, sulla capitale stanno precipitando diverse congiunture che potrebbero diventare favorevoli. Considerando soltanto le voci del Pnrr espressamente riservate a Roma, arriveranno 500 milioni di euro per la «valorizzazione del patrimonio archeologico, culturale e turistico». Altri 300 milioni di euro saranno destinati al «Progetto Cinecittà», allo scopo di «aumentare la capacità di attrazione delle grandi produzioni nazionali, europee e internazionali». Sono fondi, soprattutto i primi, pensati anche nella prospettiva del Giubileo del 2025, il primo appuntamento connesso al Vaticano che la città dovrà ospitare, cui potrebbe aggiungersi, nel 2033, il grande evento che a San Pietro stanno pensando per i duemila anni dalla nascita di Cristo. E poi c’è l’Expo del 2030, per il quale il governo ha candidato la capitale con l’assenso dell’amministrazione Raggi. Il dossier che circola attorno a questo appuntamento contiene molte indicazioni sul possibile futuro urbanistico di Roma. Oltre al potenziamento dei mezzi pubblici e della metropolitana, la città annuncia di voler ridisegnare la grande area della periferia orientale che sta tra la via Tiburtina, Pietralata, San Basilio e la zona del fiume Aniene con un ancora non meglio definito «progetto per una città orizzontale». L’idea che sta dietro ai progetti è direttamente correlata alla ricostruzione di un pezzo di città che nella geografia sociale, politica e produttiva di Roma è emblematico. Qui si trovavano alcune delle (poche) fabbriche di Roma. Qui, attorno all’impianto aerospaziale dell’Alenia, si era pensato potesse sorgere un distretto dell’innovazione (la fantomatica «Tiburtina Valley»). Qui, nel gigantesco sito di archeologia industriale che era la fabbrica di penicillina inaugurata nel dopoguerra da Alexander Fleming in persona, vivono accampati migranti e lavoratori stagionali, sottoposti a sgomberi ciclici. Le contraddizioni che evoca questo territorio, insomma, rimandano alle sfide che dovrà affrontare Gualtieri. Bisognerà passare i dati di queste elezioni al setaccio, ponderare i dati assoluti, ma la successione storica dice che proprio nel municipio lungo la Tiburtina nell’arco di dodici anni e quattro elezioni (dal 2006 al 2018) Ds prima e i Pd dopo abbiano più che dimezzato i loro voti e le diverse formazioni a sinistra del Pd siano riuscite a fare peggio, riducendo i loro consensi di due terzi.

Il nuovo sindaco ha la sfida tutt’altro che semplice di convogliare questi fondi, di approfittare di queste occasioni, senza prestare il fianco alle manovre speculative che hanno spappolato Roma e messo a dura prova il suo tessuto sociale, come si evince anche dalla disillusione che emerge dall’astensione. Per una strana combinazione di fattori, Gualtieri ha vinto le elezioni ma né il Pd né le liste alla sua sinistra hanno sfondato. Il nuovo sindaco sa che in assemblea capitolina avrà a che fare con una maggioranza variegata e tutt’altro che monocolore e che dovrà rapportarsi con alcuni consiglieri, quelli eletti con Calenda e i 5 Stelle, che potrebbero pungolare la sua giunta e convergere su alcuni provvedimenti. Nell’ultima parte della campagna elettorale l’ex ministro ha dimostrato di esserne consapevole, anche ieri dal palco della festa di piazza Santi Apostoli, dove si è presentato con la squadra dei presidenti di municipio che lo hanno trainato in termini di preferenze, ha voluto sottolineare il valore della «partecipazione» contro l’uomo solo al comando. Si tratta di una necessità che potrebbe diventare virtù.