Sulla via della Lungara, a Trastevere, si trova uno dei luoghi più affascinanti di Roma, Palazzo Corsini, che ancora custodisce la collezione d’arte qui raccolta dai proprietari settecenteschi, e che oggi è una delle due sedi delle Gallerie Nazionali di Arte Antica.

La sua quadreria è famosa per i capolavori del Seicento romano, in primis il Battista adolescente di Caravaggio, così come importanti dipinti di Rubens, Reni, Orazio Gentileschi. All’interno dell’edificio è ora in corso una mostra su un’altra figura della Roma barocca, una donna che fu pratica sia di pittura sia di architettura, Plautilla Bricci (1616-post 1690). Curata da Yuri Primarosa, l’esposizione su questo personaggio poco noto al grande pubblico è intitolata Una rivoluzione silenziosa Plautilla Bricci pittrice e architettrice (fino al 19 aprile, catalogo Officina Libraria).

In pittura non raggiunse le vette dei colleghi più illustri, ma nell’architettura Bricci seppe dimostrare una rara fantasia, che la rende ancora una delle figure più interessanti del suo tempo. La sua maggiore creazione in tale ambito fu la villa per il suo protettore, l’abate Elpidio Benedetti, un edificio sul Gianicolo che fu chiamato Vascello per la forma particolare, ma andato distrutto nel 1849. All’interesse per la produzione artistica si aggiunge il fatto che rappresentò, allo stato attuale delle conoscenze, la prima donna a dedicarsi all’architettura. In un documento relativo al progetto della villa di Benedetti, Plautilla era infatti chiamata con una parola senza precedenti per l’epoca, «architettrice», un termine che Melania Mazzucco ha scelto anche per il titolo del suo romanzo dedicato alla vita straordinaria di questa artista, uscito nel 2019 (Einaudi).

L’intera biografia di Plautilla, vissuta in un tempo in cui il destino di una donna di semplici condizioni era il matrimonio o il convento, è il fulcro della mostra. A due ritratti seicenteschi, non a caso, è affidato l’avvio del percorso che vuole presentare l’artista anche nella vicenda umana. Uno di questi è la presunta Allegoria dell’architettura della Galleria Spada, ormai immagine simbolica di Plautilla in quanto copertina del libro di Mazzucco, e l’altro è quello di una tela oggi in mani private, raffigurante una donna con occhi grandi, folta chioma riccia e bruna, corporatura esile, un’opera in cui Gianni Papi per primo, nel catalogo, ha riconosciuto le fattezze dell’artista romana. La figura tanto caratterizzata del secondo quadro, con in mano un compasso e un foglio con schizzi architettonici, non può che essere il ritratto di una persona realmente esistita, per cui Plautilla appare come l’unica candidata.

A tale identificazione concorrono inoltre il vestiario e la bigiotteria indossati, propri di una donna di natali umili, come era Plautilla. Nonostante le modeste origini, ebbe la fortuna di essere figlia di un artista, Giovanni Bricci, allievo del Cavalier d’Arpino. L’apprendimento della pittura sin dalla giovinezza fu possibile grazie alla guida del padre, che non si impegnò meno nel promuoverla sulla scena artistica. A lui si deve attribuire, probabilmente, l’invenzione della leggenda che la rese nota a Roma, secondo cui la prima opera di Plautilla, la Madonna col Bambino di Monte Santo, sarebbe stata completata dalla Vergine stessa, un fatto che, all’epoca, acquisì ulteriore credito in seguito ai miracoli che cominciarono a essere ricondotti all’immagine.

L’approdo all’architettura, invece, fu favorito dall’abate Benedetti, che per tutta la vita, come si deduce dalle fonti, fu legato a Plautilla da un rapporto di genuino affetto, in cui Mazzucco ha letto una più profonda intimità. Quale agente a Roma del cardinale Giulio Mazzarino, il ministro della corona francese (in mostra rappresentato da un magnifico ritratto di Pietro da Cortona), Benedetti riuscì a coinvolgere Bricci in alcuni progetti ventilati dal porporato, alla fine mai eseguiti, tra cui la scalinata per Trinità dei Monti. Allo scopo, però, di evitare qualsiasi pregiudizio e di garantire alla sodale la possibilità di lavorare per uno dei personaggi più influenti dell’epoca, l’abate dovette presentare come suoi molti dei disegni creati da Plautilla.

Oltre alla difficoltà di avvicinarsi allo studio delle scienze matematiche, alla base della disciplina, per una donna del tempo l’esercizio dell’architettura appariva pressoché impossibile per diversi fattori. Innanzitutto, non era scontato trovare un committente disposto a prestare fiducia a una donna, e la direzione di un cantiere imponeva l’ulteriore sfida di guadagnarsi il rispetto degli operai ingaggiati per il progetto. L’appoggio di Benedetti fu quindi fondamentale per inserirsi in una simile realtà lavorativa, alla quale Plautilla poté dedicarsi a tempo pieno grazie al voto di castità, una scelta possibile in quanto autrice dell’icona miracolosa, e che le garantì libertà professionale.

I vari disegni e dipinti dell’artista sono distribuiti nelle pareti dense di quadri di Palazzo Corsini, un allestimento in cui sembra percepirsi la discrezione con cui Bricci si mosse nel suo mondo. Solo la sala che ospita l’ultima sezione della mostra, quella dedicata ai dipinti più monumentali, è stata interamente smontata per l’occasione. Qui compaiono sia la citata Madonna di Monte Santo, ancora legata ai modelli tardomanieristici del padre, sia la più tarda pala per San Luigi dei Francesi, con la fulgida immagine del santo patrono francese vestito con un manto azzurro decorato da gigli dorati e foderato di pelliccia, il capolavoro della sua attività su tela. Una spiccata originalità, non facilmente inquadrabile nel contesto romano, contraddistingue i momenti più alti della sua arte, in parte allineata alle ricerche luministiche di campioni del classicismo come Andrea Sacchi e il giovane Carlo Maratti.

Pur non avendo avuto la possibilità di seguire, in quanto donna, un iter formativo paragonabile a quello dei colleghi, ebbe l’intelligenza di saper cogliere i migliori stimoli del suo tempo, in pittura come in architettura. La maggiore opera in quest’ultimo campo, la Villa del Vascello, cui è dedicato il segmento finale del percorso, attesta la sensibilità di Plautilla per Bernini architetto nel basamento della facciata in forma di scogliera, unica parte superstite.

Dopo i molti anni vissuti nell’anonimato, commuove allora leggere nella lunetta dipinta per San Giovani in Laterano e oggi ai Musei Vaticani (anch’essa in mostra), la firma apposta dell’artista, corredata sia da «PINXIT» sia da «INVENIT», a rivendicare con forza la sua responsabilità nell’esecuzione e nell’ideazione.