Il licenziamento di migliaia di minatori sudafricani in nome del profitto. In una fredda mattina d’autunno lavoratori della miniera di Khuseleka aspettano di conoscere la loro sorte, in che stato d’ansia è facilmente immaginabile se si considera che in media un minatore ha otto famigliari a carico. Dopo mesi di trattative con il governo e i sindacati, ieri l’Anglo American Platinum, il colosso minerario primo produttore mondiale di platino – di proprietà per l’80% dell’AngloGold American – ha annunciato il nuovo piano di risanamento che prevede il taglio di 6 mila posti di lavoro nella regione mineraria di Rustemburg. Tagli cruciali per ristabilire i profitti secondo Amplats, che punta a ridurre la produzione annua di 250 mila once, vale a dire del 4,5% di quella mondiale per risparmiare entro il 2015 circa 423 milioni di dollari.

I minatori decideranno in assemblea nei prossimi giorni come rispondere, mentre i leader dell’Association of Mineworkers and Construction Union’s (Amcu) hanno già fatto sapere che non sosterranno eventuali azioni di protesta o scioperi illegali.

Dopo le proteste di gennaio seguite all’annuncio iniziale del taglio di circa 14 mila posti, la tensione resta alta nella regione mineraria a ridosso di Johannesburg, tra la cintura di platino delle miniere di Rustemburg e le baraccopoli circostanti. Se si considera che in un paese come il Sudafrica, che detiene il maggior numero a livello mondiale di riserve naturali di platino, Amplats non è solo il più grande produttore del prezioso metallo – che in quanto catalizzatore per la riduzione del livello di monossido di carbonio viene usato per la produzione di marmitte catalitiche – ma anche il maggior motore di creazione di posti lavoro – in un settore, quello minerario, che è secondo soltanto a quello agricolo per forza lavoro – è comprensibile come le drastiche misure prese a spese dei lavoratori per il rilancio dei profitti industriali avranno conseguenze sociali e politiche di vasta portata, con il governo già alle prese con un tasso di disoccupazione più alto del 25% a un anno di distanza dalle prossime elezioni politiche.

Alla base della decisione, sostiene il colosso, che a febbraio ha registrato la più grande perdita di quest’anno, ci sarebbero l’aumento dei costi di produzione, il calo dei prezzi del platino, la riduzione della domanda e un’ondata di scioperi “selvaggi”, circa sei settimane, che nel corso del 2012 hanno colpito il settore minerario contribuendo notevolmente all’abbassamento dei profitti e alla diminuzione degli investimenti.

La regione di Rustemburg è stata al centro degli scioperi del 2012, culminati nel più sanguinoso scontro dalla fine dell’apartheid alla miniera di Lonmin, a Marikana, dove 34 lavoratori vennero uccisi dalla polizia e su cui è in corso l’indagine di una commissione d’inchiesta. Se l’aumento dei costi e il calo dei prezzi hanno intaccato i profitti del colosso del platino, l’aumento dei costi dei generi di prima necessità ha duramente colpito i redditi reali di una forza lavoro proveniente dalle aree rurali, sottopagata, analfabeta e non qualificata che difficilmente riuscirebbe a trovare un altro posto di lavoro e che da tempo chiede aumenti salariali.

Ma le agitazioni trovano le loro ragioni non solo nelle disparità di reddito, ma anche nelle lotte intestine tra i sindacati, soprattutto nelle rivalità tra il sindacato storico del settore, il National Union of Mineworkers (Num) e quello dell’Association of Mineworkers and Construction Union’s (Amcu) emerso come sindacato dominante nel corso dello scorso anno quando è riuscito a strappare migliaia di iscritti al Num, alleato politico chiave quest’ultimo dell’African National Congress (Anc), partito di governo dal 1994.

Ed è proprio la lotta per il potere sindacale che spiegherebbe perché negli scorsi mesi l’Anc e il governo abbiano preso parte attiva nella contrattazione arrivando a minacciare il ritiro delle licenze. Un’azione in forte contrasto con il passato, quando al settore minerario era permesso di tagliare decine di migliaia di posti di lavoro per restare in attivo. Per l’Anc, nell’ottica delle elezioni politiche del 2014, la guerra intestina dei sindacati ha significato la perdita di migliaia di potenziali elettori. Mentre le disparità di reddito e una forza lavoro che subisce i costi più alti in termini di sopravvivenza costituiscono la minaccia latente di rinnovate violenze sociali.