La difesa del sindacalista italo-brasiliano Henrique Pizzolato ha inviato alla stampa copia della lettera indirizzata al ministro della Giustizia Andrea Orlando. La relazione dell’avvocato Alessandro Sivelli riassume la vicenda di Pizzolato e chiede che venga sospeso il provvedimento di estradizione, fissato per il prossimo 22 ottobre. Il ministro ha già fatto slittare una prima partenza, e a questo fa riferimento Sivelli per chiedergli di valutare “la reale ed effettiva sussistenza delle garanzie offerte dallo Stato brasiliano”. Le crude fotografie allegate, che documentano l’altissimo livello di violenza registrato nelle carceri brasiliane, sostanziano l’urgenza della richiesta. Le cifre annuali degli omicidi commessi dicono che – nonostante i tanti passi avanti dei governi Lula e poi Rousseff – le prigioni restano ancora una gigantesca discarica sociale, e la loro gestione appesa ai singoli bilanci e norme dei 26 stati di cui è composto il Brasile. Il carcere di Papuda, a cui è stato destinato Pizzolato ha una capienza sufficiente a contenere 4.848 posti letto, ma vi sono 10.409 detenuti: standard di vivibilità enormemente al di sotto di quelli richiesti dal Comitato di prevenzione contro la tortura.

Leggendo gli atti e ascoltando il parere di insigni giuristi, nel paese e fuori, quello di Pizzolato si presenta come un caso di giustizia negata: “Hanno voluto colpire me per colpire Lula”, ha dichiarato in diverse circostanze il sindacalista. Pizzolato è stato condannato a oltre 12 anni nell’ambito dello scandalo per tangenti detto del Mensalao. Benché non fosse un politico, è stato giudicato dal Supremo tribunale federale in un procedimento segnato da forti irregolarità, ma che non prevede la possibilità di un secondo grado.

Essendo anche cittadino italiano, il sindacalista si è rifugiato nel nostro paese. Dopo una prima sentenza favorevole, è stato ritenuto estradabile e si trova nel carcere di Modena. Il 14 dicembre dovrà presenziare all’udienza preliminare per reati di falso da cui non potrà difendersi se viene rimandato in Brasile. Inoltre, sono ancora pendenti i ricorsi presentati contro il provvedimento di estradizione al Tar e alla Corte europea per i diritti dell’uomo. Perché – chiede al ministro l’avvocato Sivelli – “non può attendere queste decisioni prima di dare esecuzione a un provvedimento di estradizione che riteniamo palesemente ingiusto”?