In questi giorni di scontro fra Renzi e il resto della maggioranza, la linea del Nazareno è stata quella del silenzio. «Continui pure così. Si sta suicidando», il commento off più ripetuto. L’eccezione, ma neanche troppo, arriva ieri pomeriggio quando da Porta a Porta il leader di Italia viva attacca alzo zero il governo. Nicola Zingaretti replica alla sua maniera: usando molti meno decibel del suo intrepido alleato. E senza neanche nominarlo. «Credo che qualcuno, se continua così, farà venire il mal di testa agli italiani con questo chiacchiericcio insopportabile del quale non si capisce il fine», dice a margine di un’iniziativa nella Capitale. «Noi continuiamo a lavorare, stando lontano dai sotterfugi di Palazzo, dei quali non se ne può più. Nessuno capisce il senso. Abbiamo, qualche mese fa, fatto un governo insieme, perché proposto da alcune personalità politiche. Ora c’è solo una cosa da fare: governare, governare bene».

Zingaretti resta fedele al suo personaggio di leader della forza che è perno della maggioranza. E anche l’unica non in crisi di consensi. Ma non si tratta solo di una scelta di profilo personale. È una scelta comunicativa studiata che già, sostengono al Pd, sta dando i suoi frutti in termini di percentuali. Ieri mattina un sondaggio dell’Istituto Ixè per Agorà (Raitre) dava il partito in salita al 20,5 per cento, Italia viva in discesa al 3. Dal Nazareno la strategia – quasi dell’auto oscuramento – viene spiegata così: «Zingaretti ha smesso di andare nei talk. Stiamo cercando di concedere a Renzi spazi televisivi in cui chiamano il Pd perché più va in tv Renzi più il Pd aumenta. +0,4 per cento nell’ultima settimana. E addirittura Iv diminuisce, -0,2 negli ultimi sette giorni». La scelta di cedere il passo è pericolosa, ma consapevole. C’è chi cita i sondaggi del 2016, quelli prima del tonfo del referendum costituzionale: quando Renzi stava lontano dalle tv per qualche giorno, il Pd tornava a crescere. «Del resto Renzi con questa sua sovraesposizione mediatica è passato in cinque anni dal 40 al 3 per cento. Continui pure così», è la conclusione. Quanto alla proposta di legge elettorale, «Renzi stravolge l’accordo raggiunto e punta al sindaco d’Italia solo perché ha paura di non raggiungere lo sbarramento del 5 che lui ha voluto. Il suo modello è il “Paurellum”». In serata è Michele Bordo, vicecapogruppo dei deputati Pd a replicare che dal proporzionale non si torna indietro: «Andiamo avanti con la legge che abbiamo insieme condiviso e approviamola con la maggioranza più ampia possibile».

Ma se il segretario assume un atteggiamento zen, facendo sapere ai suoi di non avere «nessuna preoccupazione», la verità è che nel Pd il nervosismo sale e la pazienza comincia a scarseggiare. Nel pomeriggio alla camera, in commissione giustizia, sulla prescrizione Iv vota di nuovo con le destre. Bordo sbotta: è «l’ennesima provocazione», «questa guerriglia quotidiana è diventata insopportabile, mina alla base la tenuta del governo. Così è davvero complicato andare avanti. Iv chiarisca subito, non è possibile stare “insieme” all’opposizione e al governo. Non saremo disponibili a tollerare ancora per molto. Renzi si assuma le responsabilità di fronte al Paese se ha deciso di favorire il ritorno di Salvini».

Palazzo Madama è invece l’epicentro del caso Cerno. Lì il senatore, ex condirettore di Repubblica, No Tav dal curriculum politico zigzagante, all’indomani della nascita del nuovo governo, aveva criticato la scissione di Italia viva. Dove invece ieri è passato armi e bagagli. E insulti: su Radio 1 a Un giorno da pecora, attacca il governo «ridicolo», «di correnti e di cialtroni» che, prevede, difficilmente arriverà all’estate. Cerno straparla. Fra l’altro accusa la segretaria Pd di Milano, Silvia Roggiani, di avergli chiesto «18mila euro di pizzo». Si tratta dei versamenti alle federazioni cui gli eletti dem si impegnano. Che Cerno non ha onorato considerandosi, dice, «un indipendente». Dal Pd milanese la replica è dura: il senatore «paracadutato nel collegio più sicuro della città» – per volere di Renzi – ora «si permette di calunniarci». Da Zingaretti solidarietà alla segretaria milanese «per l’aggressione subita».