Il picco massimo di nuovi casi di Covid-19 registrati in un solo giorno era stato raggiunto il 21 marzo scorso, con 6.557 positivi. Fino a ieri: gli ultimi dati raccolti nelle 24 ore, invece, fanno balzare quel numero a 7.332. Una cifra inquietante. Va detto però che quel giorno, di sette mesi fa, i tamponi – effettuati solo su pazienti ritenuti ad alto rischio, che presentavano sintomi pandemici o che fossero venuti a contatto con persone o luoghi sospetti – furono 26.336, dunque con una percentuale di contagio rispetto ai test del 24,9%. Ieri invece si è raggiunto un picco massimo anche per i tamponi, effettuati decisamente in modo più casuale: 152.196 test, con un tasso del 4,82% di casi rilevati. Ancora più nel dettaglio, la percentuale di positivi su casi testati (i tamponi possono infatti essere anche ripetuti sulla stessa persona) risulta stabile negli ultimi giorni (8,37%, mentre il giorno prima era 8,40%). Attenzione però alle facili conclusioni.

INFATTI, MALGRADO un numero di vittime fortunatamente ancora contenuto rispetto alla prima fase dell’epidemia (43 ieri, 36.289 in tutto), alcuni scienziati come il direttore del dipartimento di Medicina molecolare dell’università di Padova, Andrea Crisanti, fanno notare che «le terapie intensive e i decessi da Covid-19 aumentano sempre con alcune settimane di ritardo rispetto all’aumento dei contagi». Comunque, ieri sono stati ricoverati 394 malati con sintomi (sono 5.470 in tutto), e con i 25 di ieri salgono a 539 i pazienti in terapia intensiva. «Ci aspettiamo quindi – spiega Crisanti – un incremento del loro numero nei prossimi giorni». Intervistato da Rainews24 il professore padovano, considerato tra i maggiori esperti mondiali, si dice preoccupato «per la limitata capacità che abbiamo di bloccare la trasmissione del coronavirus sul territorio: riusciamo a mettere in quarantena solo il 5% dei positivi».

Per Crisanti è molto probabile che sia necessario «un lockdown durante le feste di Natale», «per bloccare la diffusione del coronavirus e aumentare l’efficienza del tracciamento». Un’ipotesi al momento non contemplata dal premier Giuseppe Conte che però, avvisa, «dipenderà molto dal comportamento di tutta la comunità nazionale».

VA REGISTRATO che seppure l’età media dei contagiati si sia abbassata rispetto all’inizio dell’emergenza – e questo spiega il “basso” numero di vittime – cominciano però di nuovo a registrarsi focolai in alcune Rsa per anziani: è accaduto per esempio in Emilia-Romagna, in Trentino (tre morti) o ad Alberobello, dove 71 positivi in una residenza (59 anziani e 12 operatori) hanno convinto il sindaco ad ordinare la chiusura di tutte le scuole e degli uffici comunali, e lo stop alle attività sportive di base per tutta la settimana. È comunque ancora la Lombardia la regione più colpita (1.844 nuovi casi), seguita dalla Campania (818), anche se inquieta il boom di positivi di regioni come la Puglia (315 contro i 180 del giorno prima), finora tra le meno contagiate. Il Lazio ha invece il triste primato dei ricoverati (937 con sintomi) e in terapia intensiva (85 pazienti). Sotto stretto controllo Roma, dove «sono stati attivati – afferma l’assessore regionale alla Sanità, D’Amato – oltre 500 posti di alberghi assistiti per i clinicamente guariti e per coloro che non hanno una corretta modalità per svolgere l’isolamento domiciliare».

Ma, secondo quanto denunciato dal presidente dell’Ordine dei medici provinciale Antonio Magi, potrebbero a breve venire a mancare di nuovo i dispositivi di sicurezza personale per i sanitari, e nel frattempo «i pazienti cronici oggi sono trascurati. Il governo – dice – ha disposto di aumentare le ore degli specialisti ambulatoriali e le assunzioni negli ospedali, ma finora è tutto fermo. Bisogna passare dalle parole ai fatti». Per il ministro degli Affari regionali, Boccia, invece «le reti sanitarie territoriali» stanno tenendo anche se «è evidente che l’aumento dei contagi ci preoccupa».

È CRISI, SOPRATTUTTO POLITICA, invece in Campania, dove si consuma l’ennesimo scontro tra il presidente della Regione e il sindaco di Napoli De Magistris, il quale denuncia: «De Luca mi dice che io non ho titolo a partecipare all’Unità di crisi regionale e che non mi deve dare altri dati rispetto a quelli che ci forniscono. Trovo questa sua risposta sconcertante». «In questo modo – continua De Magistris – non c’è la possibilità di avere cognizione dell’evoluzione del virus, né di come si sta operando sul territorio. La Regione non ci mette in condizioni di condividere scelte e di partecipare a una strategia comune di contenimento del virus. E sorge il sospetto che si voglia nascondere qualcosa».