«Dobbiamo evitare il conflitto con la magistratura e noi faremo di tutto per evitarlo. Il confronto costruttivo di questi anni ha permesso di fare dei passi avanti». Il ministro della giustizia Andrea Orlando è affezionato al ruolo della «colomba». Prova a raffreddare i toni dello scontro con la magistratura come gli è sempre riuscito, tant’è che ha fatto passare la legge sulla responsabilità civile dei magistrati – che l’hanno sempre avversata – senza un giorno di sciopero delle toghe. Per questa sua indole il presidente del Consiglio (che in prima battuta gli aveva preferito il pm Gratteri) lo punge spesso e lo chiama «doroteo». Ma ieri proprio Matteo Renzi ha mostrato segni di prudenza estrema su uno dei due argomenti più incandescenti in tema di giustizia: le intercettazioni. Cercando di sfilare le mani dal fuoco, il presidente del Consiglio in un’intervista a Repubblica ha detto: «Personalmente non sono interessato all’ennesima discussione sulle intercettazioni che credo riguardi soprattutto la deontologia del giornalista e l’autoregolamentazione del magistrato».

A parlare è lo stesso presidente del Consiglio che sta spingendo in parlamento una delega sostanzialmente in bianco sulle intercettazioni, che se approvata lascerebbe il governo nelle condizioni di fare quello che vuole – magari quello che chiedono gli alleati del Nuovo centrodestra – sulle intercettazioni. Scontata la contraddizione, pare però che sul punto l’esecutivo stia effettivamente provando a rallentare, spaventato dall’impopolarità di un intervento. Come ciambella di salvataggio il governo è sempre più intenzionato ad afferrare le circolari che alcuni capi delle procure (Torino, Roma) hanno diffuso per richiamare i pm a un rigoroso rispetto della privacy degli indagati e degli intercettati. Per questo Orlando, intervisto ieri sera dal Tg1, ha richiamato «le circolari che sono già state emanate dalle più importanti procure italiane» come «un ottimo riferimento normativo». Ma il ministro non ha la stessa disinvoltura del presidente del Consiglio e non può nascondere che il governo in materia sta cercando di intervenire; non è solo un affare tra giornalisti e pm. «Sulle intercettazioni stiamo andando in due direzioni – ha detto – consentirne un utilizzo più semplice per i reati sulla pubblica amministrazione ed evitare un uso improprio delle informazioni che non hanno rilevanza penale».
La massima attenzione però è ormai su un altro tema, quello della prescrizione. La riforma della disciplina tanto criticata dai magistrati – e presa di petto dal presidente dell’Anm Davigo che ha avuto buon gioco nel ricordare la promessa vecchia di due anni del governo di riformare l’istituto – è destinata a rientrare nel testo base sulla riforma del processo penale che il senato comincerà a discutere quando sarà presentato dai relatori Casson e Cucca, entrambi Pd. Dovrebbe arrivare in commissione entro la settimana, è già stato approvato dalla camera ma è chiaro che dovrà tornarci. Eppure Orlando ieri ha detto che «il governo si attende che sia approvato entro l’estate». Non sarà facile, anche perché sul tema della prescrizione si farà sentire il partito di Alfano, che tira in direzione opposta a quella dei magistrati. Ncd, determinante con i suoi voti al senato, vuole ammorbidire il testo approvato alla camera, che ha aumentato la prescrizione per i reati contro la pubblica amministrazione. La soluzione proposta da Renzi a Repubblica è allettante, ma puramente teorica: «Va bene allargare la prescrizione ma dando tempi certi tra una fase processuale e l’altra».
Il presidente del Consiglio ha detto anche che «è finito il tempo della subalternità della politica alla magistratura». Dando l’occasione a Pierluigi Bersani per dire che sarebbe piuttosto il tempo «per abbassare il tono delle parole e alzare quello dei fatti».