La magistratura è sotto botta e la politica – che pure è l’altra metà del problema evidenziato dalle indagini della procura di Perugia – può approfittarne per spingere avanti alcune proposte di riforma che la magistratura associata è sempre riuscita a bloccare. Non c’è solo Salvini che ha un’idea medievale della giustizia – andrebbe esercitata nel nome del governante – anche i 5 Stelle adesso propongono interventi sul funzionamento del Csm, anche se nessun parlamentare grillino ha osato in tutta la legislatura presentare un solo disegno di legge. Lo ha fatto invece il Pd, con il deputato Stefano Ceccanti che ha individuato nel sistema di elezione dei membri togati del Consiglio il punto debole: il collegio unico nazionale e il sistema proporzionale aumenterebbero il peso delle correnti. Anche per il Csm, così, Ceccanti propone il maggioritario uninominale, magari con il sistema del voto alternato «per dare più peso alle persone che alle correnti». L’ex ministro della giustizia Pd Andrea Orlando, che nella scorsa legislatura vagheggiò una riforma complessiva del Csm ma non riuscì a presentare un disegno di legge, ieri ha detto che ci vuole una riforma vera, «fatta dal legislatore», e dunque non basta l’autoriforma già conclusa dallo scorso Csm.

I 5 Stelle a questo punto richiamano il contratto di governo, che nella parte sulla giustizia si apre con alcuni spunti sull’ordinamento giudiziario. Ma nell’inerzia grillina si è mossa la Lega, trascurando la parte sull’organizzazione e puntando dritta su due riforme del codice penale a costo zero ma dall’evidente sapore propagandistico. Nell’eterna attesa dei nuovi codici di procedura promessi dal ministro Bonafede ormai sette mese fa, gli unici due punti realizzati del contratto sulla giustizia sono la legittima difesa e l’abolizione del rito abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo.

I disegni di legge che prevedono riforme di più ampia portata li ha firmati invece Forza Italia, e nel lavoro di commissione ha subito raccolto il sostegno della Lega. Sono due progetti che sotto traccia stanno andando avanti alla camera e al senato ormai da alcuni mesi. Chiusa la fase delle audizioni, sono entrambi alla vigilia delle prime votazioni. Il primo prevede la rigida separazione delle carriere tra magistrati requirenti e magistrati giudicanti ed è in realtà un disegno di legge di iniziativa popolare. promosso dagli avvocati penalisti dell’Unione camere penali. Forza Italia lo ha pienamente abbracciato e il relatore è il deputato berlusconiano Francesco Paolo Sisto. La proposta è quella di cambiare l’articolo 104 della Costituzione – cosa che anche secondo Ceccanti non dev’essere considerata un tabù – spaccando in due l’organo di autogoverno dei magistrati: un Csm per i giudici e uno per i pm. Entrambi presieduti dal capo dello stato ma entrambi composti per metà da membri laici, eletti cioè dal parlamento. Oggi la proporzione è in favore dei membri togati, due terzi a un terzo. Il disegno di legge costituzionale apre anche una porta all’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale che andrebbe esercitata «nei casi e nei modi previsti dalla legge».

L’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale è il cuore dell’altro disegno di legge, presentato dall’ex sottosegretario alla giustizia di Forza Italia Luigi Vitali e in discussione al senato. Prevede che sia il governo a dettare le priorità per l’azione penale, per iniziativa del ministro della giustizia ma anche di quello dell’interno (cosa che evidentemente Salvini apprezza). I pm avrebbero l’obbligo di attenersi alle indicazioni nella scelta delle indagini da mandare avanti. Le proposte per curare la «politicizzazione» della magistratura sono, dunque, quelle di far pesare di più la politica.