In attesa di cosa succederà il 23 febbraio, il giorno in cui, secondo l’autoproclamatosi presidente ad interim Juan Guaidó, gli aiuti “umanitari” entreranno nel paese «sì o sì», è evidente che il governo dovrà far fronte a quella che – sempre che le forze armate non facciano una sorpresa – si profila come l’asse centrale della strategia golpista a stelle e strisce: un lungo e asfissiante assedio economico.

Quale sia stata finora la portata delle sanzioni internazionali, lo ha chiarito bene uno studio del Celag (Centro Estratégico Latinoamericano de Geopolítica), secondo cui il boicottaggio finanziario e commerciale ha comportato, dal 2013 al 2017, una perdita, in termini di produzione di beni e servizi, oscillante tra i 260 e i 350 miliardi di dollari, cioè tra i 12.200 e i 13.400 dollari pro capite.

È QUESTO IL QUADRO in cui va posta la farsa dell’assistenza umanitaria, come qualche voce fuori dal coro non ha mancato di denunciare. La voce, per esempio, dell’attore regista e statunitense Danny Glover, che, in un’intervista concessa a The Real News Network, così riassume la questione degli aiuti: «Tu ti appropri di miliardi di dollari che appartengono legittimamente ai venezuelani, imponi sanzioni affinché non possano usare il loro denaro e le loro risorse e poi vieni a salvarli».

O la voce, certo più sorprendente perché sicuramente non chavista, del vice-direttore de il Sole 24 Ore Alessandro Plateroti, che, intervenendo a Porta a Porta, ha denunciato il ricorso a una solidarietà internazionale «ad uso e consumo dell’opportunità politica». In America latina, ha ricordato, «abbiamo avuto rapporti con l’Argentina dei militari, con il Cile di Pinochet, con i peggiori dittatori e nessun Parlamento italiano si è mai sognato di dichiarare l’illegittimità delle elezioni». E denunciando come sia stato legittimato, in violazione di ogni norma internazionale, «il sequestro dell’oro venezuelano a Londra», Plateroti ha precisato che ciò che è in gioco non è la difesa di Maduro, ma quella di un principio: «Non si può tirare la coperta del diritto internazionale e della sovranità dei paesi solo perché gli Stati uniti combattono una nota e ventennale guerra contro il Venezuela».

ALLO STRANGOLAMENTO economico il governo Maduro prova a far fronte in vari modi. Da un lato facendo leva sui “veri” aiuti, tanto di governi amici quanto di agenzie delle Nazioni unite e di altri organismi internazionali, grazie a cui mercoledì sono arrivate al porto de La Guaira 64 casse contenenti 933 tonnellate di farmaci e materiale sanitario. Dall’altro mirando ad esempio a raddoppiare le esportazioni di greggio all’India, come annunciato dal ministro del Petrolio Manuel Quevedo durante la sua visita nel paese asiatico, dove si è incontrato con il suo omologo Dharmendra Pradhan. Visita che ha scatenato l’immediata reazione del consigliere alla sicurezza Usa John Bolton, il quale ha avvertito che gli Stati uniti «non si dimenticheranno delle nazioni e delle compagnie impegnate a sostenere il furto delle risorse venezuelane» da parte di Maduro.

MA, SOPRATTUTTO, il governo cerca di riuscire là dove finora ha colpevolmente fallito: realizzando, cioè, il compito di diversificare la propria economia e di produrre «tutto ciò di cui paese ha bisogno». Il Venezuela, ha dichiarato il presidente, «deve produrre i suoi alimenti, diventando, in futuro, un paese esportatore di cibo». E, su questa strada, qualche segnale inizia ad apparire, come emerge dall’aumento della produzione di pollo da 23mila a 33mila tonnellate al mese, con l’obiettivo di arrivare a 53 tonnellate mensili.