Le indiscrezioni sono il pane quotidiano dei media. E se riguardano la net-neutrality sono destinate ad alimentare discussioni a non finire. L’ultima, in ordine di tempo, riguarda le nuove regole che la «Federal Communication Commission» statunitense sta elaborando per presentarle il prossimo 15 maggio. Tutto è nato da un articolo del «Wall Street Journal», che ha dedicato a tema un’analisi su come potrebbe cambiare la comunicazione on-line se fosse accettata la richiesta fatta da alcuni fornitori di accesso ad Internet di differenziare la banda larga in base alla tipologia dei clienti. In altri termini, chi paga di più naviga più veloce. A chiederlo sono le imprese che pretendono una corsia preferenziale per i loro affari, visto che l’infrastruttura tecnologica di Internet non riesce a stare dietro ai miliardi di persone che usano quotidianamente il Web.

Finora, le società fornitrici di accessi in rete dovevano garantire a tutti gli utenti lo stesso trattamento. Molte imprese chiedono da tempo, invece, una differenziazione nella velocità. Chi fa business, viene sostenuto, deve poter contare in una maggiore velocità di trasmissione delle informazioni di chi invece usa il web solo per comunicazioni «futili». Sia ben chiaro, anche adesso una differenziazione esiste in base all’utilizzo di un certo tipo di connessione piuttosto che un altro. Una volta entrati in rete, tuttavia, i fornitori di connessione non possono operare discriminazioni. La net-neutrality si basa proprio su questo principio: una volta sul web, tutti hanno diritto alla stessa velocità di comunicazione indipendentemente dai contenuti che viaggiano in rete. Un principio stabilito da alcune norme europee e da un regolamento della Fcc statunitense e diventati entrambi uno standard globale. Secondo il Wall Street Journal, l’ente federale statunitense sta invece pensando di modificare il regolamento accettando le proposte di imprese fornitrici di accesso ad Internet (i cosiddetti Internet Service Provider, cioè le aziende di telecomunicazioni o società come Comcast Verizon Communications e Time Warner). Indiscrezioni negate da Tom Wheeler, presidente della Federal Communication Commission, che, interpellato dal giornale economico statunitense, ha sostenuto che la net-neutrality non è in discussione. Smentita che non ha convinto alcune associazioni dei diritti civili, fra queste l’American Civil Liberties Union che sostiene come le eventuali modifiche ipotizzate dal Wall Street Journal avrebbero come effetto collaterale una aumento dei costi per gli utenti. Più radicale la presa di posizione del gruppo «Free Press», secondo il quale la Fcc con il nuovo regolamento sta introducendo discriminazioni nell’accesso secondo una logica di censo (chi è più ricco, meglio è trattato).

Al di là delle indiscrezioni, c’è da registrare che le critiche non vengono solo dalle associazioni dei diritti civili, ma anche da parte di alcuni colossi della Rete, come Google, Apple, Disney, che sostengono il principio della net-neutrality in base al fatto che il loro mercato è costituito dagli internauti che usano la Rete per comunicare ciò che più gli piace e non solo per fare affari.