La lunga attesa di una legge sul conflitto di interessi, sulla quale come denunciò un Romano Prodi sfinito dalle strizzate d’occhio del Pd a Berlusconi «si fanno volutamente delle manfrine», sta per arricchirsi di un nuovo capitolo. Anche questa legislatura, come le precedenti quattro da quando l’Italia ha scoperto di poter essere tranquillamente governata dall’uomo più ricco e influente del paese, si è aperta con il solenne impegno del Pd ad approvare una legge un po’ più seria di quella che porta il nome dell’ex ministro del Pdl Frattini. Legge sulla cui efficacia ha detto tutto l’Appello di Milano quando, l’anno scorso, ha riconosciuto che Cavaliere è ancora «il dominus indiscusso» delle sue tv. Ma anche in questa legislatura il Pd è finito, in un modo o nell’altro, a stringere alleanza con Forza Italia, stavolta con tanto di patto del Nazareno. La nuova proposta di legge sul conflitto di interessi, che oggi potrebbe essere approvata in commissione alla camera, porta la firma di un avvocato penalista barese esperto di sicurezza sul lavoro, il presidente Francesco Paolo Sito, berlusconiano nella versione di Raffaele Fitto. Scriviamo «potrebbe» perché malgrado dopo una serie di rinvii sia stato fissato l’approdo in aula domani, dietro l’angolo c’è un altro rinvio.

Ieri scadeva il termine per gli emendamenti al testo unificato firmato da Sisto, che è peggiore perché più blando e meno efficace di tutti quelli che erano stati presentati dai deputati Bressa (Pd), Fraccaro (Cinque Stelle), Civati (Pd) e Tinagli (Scelta civica). Sono stati presentati circa 150 emendamenti, alcuni dei quali riscrivono completamente il testo (per valutarlo i componenti della commissione hanno avuto a disposizione un paio d’ore), ragione per cui è assai improbabile che si riesca a concludere oggi, giornata in cui è prevista anche la seduta congiunta delle camere per l’elezione dei giudici costituzionali.

Il deputato del Pd Sanna anticipa che ci sarà bisogno di «qualche giorno in più» per esaminare tutti gli emendamenti, i deputati di Forza Italia sono naturalmente d’accordo. Anche perché la discussione in aula provocherebbe più di un imbarazzo nel momento in cui, sempre a Montecitorio, Pd e berlusconiani dovranno marciare compatti sulle riforme costituzionali e, al senato, sulla legge elettorale. L’argomento degli interessi privati in politica è incandescente e anche un testo depotenziato come quello di Sisto può mettere a rischio la tenuta del patto del Nazareno.

Non che la proposta del presidente forzista sia qualcosa di temibile per il prossimo imprenditore interessato a lanciarsi in politica – da Passera a Della Valle c’è già la fila – o per il Berlusconi declinante e la sua linea dinastica. Non c’è traccia infatti del blind trust, il fondo cieco all’americana che reinveste i guadagni derivanti dalla vendita forzata delle attività di un esponente del governo; nel caso in esame si prevede solo un mandato fiduciario per escludere temporaneamente il politico dalla gestione diretta delle sue imprese. Ipotesi per altro eventuale, affidata alla valutazione di una commissione i cui cinque componenti sarebbero scelti dal presidente della Repubblica senza alcun controllo parlamentare. Tra le tante misure criticabili del testo presentato da Sisto c’è anche quella che per far scattare il conflitto di interessi prevede il verificarsi di un vantaggio economico «rilevante e differenziato» per i familiari dell’esponente di governo responsabile della decisione. L’espressione richiama l’unico precedente nel quale l’Antitrust si è dovuta occupare di Berlusconi e della sua famiglia ai sensi della legge Frattini, stabilendo però che gli incentivi alla vendita dei decoder non configuravano conflitto di interessi perché, appunto, Paolo Berlusconi non ne aveva ricavato un vantaggio eccessivo né diverso dagli altri produttori dello stesso strumento.

Gli emendamenti del Pd puntano ad allargare il campo dei soggetti sottoposti al controllo del conflitto di interessi, aggiungendo i parlamentari e i presidenti di regione; gli emendamenti di Sel si concentrano sul divieto di incrocio nella proprietà di stampa e tv (per il quale si va avanti con le proroghe dalla legge Gasparri in poi e che verrebbe così resto stabile) e in generale sullo sperimentato campo del conflitto di interessi di un imprenditore della comunicazione. Unici a non presentare emendamenti i Cinque Stelle, che pure sono assai critici con il testo Sisto. «Gli emendamenti sono pronti ma non vogliamo dare alibi alla maggioranza del Nazareno – spiega il deputato Fraccaro – il testo deve andare subito in aula». Difficile.