Il governo ha deciso di spendere un testimonial d’eccezione come un premio Nobel per parlare di clima, invitando Giorgio Parisi alla riunione preparatoria della Cop26 che si chiude oggi alla Camera con delegati arrivati da tutto il mondo. Ma il giorno prima Draghi si era ben guardato dal coinvolgerlo nella presentazione del capitolo sulla ricerca del Pnrr. La presenza di Parisi sarebbe stata imbarazzante per il governo.

IL FISICO È UNO DEI 15 luminari che aveva firmato la lettera al governo per l’attuazione del cosiddetto «piano Amaldi», cioè l’aumento graduale dei fondi strutturali per la ricerca pubblica fino al livello francese (0,75% del Pil, circa 15 miliardi di euro). Quel piano aveva ricevuto scarsa considerazione nel Pnrr scritto dal governo Conte bis, che però almeno lo nominava senza rispettarne i contenuti, e ancor meno nella versione del governo Draghi: è sparita anche la dicitura e i miliardi investiti una tantum e non strutturali sono meno di quelli richiesti dai luminari.

PARISI È TORNATO A BATTERE sul tema da quando è stato insignito del Nobel. «Mi aspetto che in finanziaria la ricerca di base riceva la giusta attenzione» ha detto davanti alla ministra Messa, che da parte sua sembrava attribuire al governo Draghi più che al fisico anche il merito del premio. Per ora con scarsi risultati. «Nel Pnrr ci sono 11 miliardi per la ricerca, di cui 5 per quella applicata» dice Federico Ronchetti, fisico e sherpa del piano Amaldi: è lui che lo ha portato davanti a due governi, riscontrando parole di apprezzamento ma poca sostanza. «Il piano elaborato dal fisico del Cern Ugo Amaldi – spiega Ronchetti – aveva tre assi principali: investimento sui ricercatori, con assunzioni e aumento delle retribuzioni; apertura di bandi competitivi, come avviene nei finanziamenti europei; rafforzamento delle infrastrutture di ricerca esistenti. Ma nel Pnrr c’è pochissimo su questi temi». Eppure i giovani ricercatori italiani all’estero trovano facilmente occupazione sia nell’accademia sia nelle imprese, che apprezzano i fisici, i matematici e gli ingegneri italiani. «Il problema dunque non è la loro formazione – sostiene Ronchetti – ma l’industria italiana che non è interessata a queste competenze».

L’INVESTIMENTO in ricerca applicata nel Pnrr è un elenco di titoli e non rappresenta una strategia di sistema per il trasferimento tecnologico, sostiene il fisico. Il piano Amaldi suggeriva di fare come l’istituto Fraunhofer tedesco, una rete di centri di ricerca e trasferimento tecnologico disseminata sul territorio. «Il Fraunhofer ha un bilancio di 2,8 miliardi di euro. Le entrate sono divise in parti uguali tra fondi pubblici, bandi competitivi e servizi alle imprese. In Italia non abbiamo nulla del genere. Avrebbe dovuto occuparsene l’Istituto Italiano di Tecnologie (l’ente plasmato dall’attuale ministro Cingolani, ndr) ma è diventato un ente di ricerca di base come gli altri». Il governo Draghi si sta dimostrando esitante anche laddove la ricerca potrebbe garantire competitività industriale. Il governo Conte aveva istituito il fondo per l’innovazione Eneatech, che doveva occuparsi di trovare nicchie di mercato per startup innovative e ancora molto «acerbe».

CON UN INVESTIMENTO iniziale di 500 milioni da aumentare negli anni successivi, il fondo mirava a aiutare il trasferimento tecnologico in campi come l’intelligenza artificiale, la green economy, le tecnologie quantistiche o la meccanica avanzata. Il fondo sembrava partito benissimo, con oltre mille progetti interessati di cui molti «di ritorno» dall’estero. L’arrivo al Mise di Giorgetti – invero più interessato ad altro – ha dato una torsione surreale al progetto. Prima, il ministro ha tentato di dirottare Eneatech sullo sviluppo del “vaccino italiano” sottratto a Invitalia di Domenico Arcuri. L’operazione è riuscita a metà, con il cambio di nome in «Eneatech e Biomedical», 200 milioni vincolati allo sviluppo dei vaccini, vertici azzerati e statuto da riscrivere. Infine, l’aumento della dotazione di 400 milioni di euro deciso a luglio nel decreto «Sostegni bis» è stato inoltre restituito dal Mise stesso a Invitalia nemmeno due mesi dopo. Mercoledì, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, il viceministro allo sviluppo economico Pichetto Fratin non ha saputo chiarire le intenzioni del governo: il nuovo statuto «sta per essere inviato» e solo dopo «sarà possibile fare una valutazione specifica sulla nuova mission». Tempi lunghissimi, dunque. Nel frattempo, dei mille progetti innovativi non si parla quasi più: «da mesi è tutto fermo vista l’incertezza» fanno sapere a Eneatech.