Alla fine a prevalere sembra essere stata la linea suggerita da Emmanuel Macron quando, intervenendo poche settimane fa a Strasburgo, il presidente francese ha proposto di finanziare maggiormente le comunità disposte ad accogliere i rifugiati piuttosto che continuare a litigare in Europa cercando di imporre quote obbligatorie di richiedenti asilo a quei Paesi che fino a oggi si sono dimostrati recalcitranti all’accoglienza.
A leggere la proposta di nuovo bilancio europeo presentato ieri dalla Commissione Ue la volontà (o meglio, la necessità) di evitare una rottura su un tema delicato come l’immigrazione ha prevalso sull’esigenza di una maggiore solidarietà tra gli Stati membri nel far fronte a nuovi possibili arrivi. Il risultato è che la voce dedicata alle spese per l’immigrazione è sì tra le poche a beneficiare di un cospicuo aumento, 2,6 volte in più rispetto ai fondi attuali, ma i migranti continueranno a essere un problema del Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, primi fra tutti Italia e Grecia.

Va detto che complessivamente è tutto il pacchetto legato alla gestione dei migranti che vede aumentare le proprie risorse. La Commissione ha proposto di destinare una quota del Fondo sociale europeo (Fse), parte dei fondi strutturali (circa 100 miliardi per il budget 2014-2020), all’integrazione dei migranti. Ulteriori finanziamenti sono inoltre destinati ai controlli delle frontiere esterne della Ue che complessivamente passano dai 13 miliardi di euro di oggi a 33. Soldi con i quali sarà possibile dotare Frontex, l’Agenzia europea per il controllo dei confini, di 10 mila guardie di frontiera.

L’intenzione più volte annunciata dalla cancelliera Angela Merkel di condizionare i fondi europei all’accoglienza dei richiedenti asilo sembra quindi definitivamente tramontata, sostituita dalla scelta di aiutare economicamente i Paesi mediterranei maggiormente sottoposti alla spinta migratoria. Questo significa che Italia e Grecia riceveranno probabilmente in futuro dalla Ue più soldi, ma continueranno ad avere l’intera responsabilità di quanti sbarcheranno sulle loro coste, dall’accoglienza all’eventuale rimpatrio.

Una convinzione che rischia di essere rafforzata dalla discussione sulla riforma del regolamento di Dublino che per cominciare e Bruxelles. ieri gli ambasciatori Ue hanno ricevuto la bozza messa a punto dalla presidenza di turno bulgara che non contempla alcun sistema obbligatorio e automatico di quote come più volte richiesto da Italia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro, ma duramente osteggiato dai quattro Paesi del blocco Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia). Viceversa sono previsti interventi diversi a seconda degli scenari di crisi che si potrebbero verificare. La bozza sarà oggetto del prossimo consiglio Affari interni, ma bisognerà aspettare il consiglio europeo di giugno – al quale spetta l’ultima parola – per capire quale dei due schieramenti l’avrà spuntata.