In Svizzera il governo manda i militari a sostenere il servizio sanitario, ma non ci sono più terapie intensive. Ieri il Consiglio federale ha chiesto alle Camere di autorizzare l’impiego dell’esercito, com’era già accaduto a marzo, mentre la Società svizzera di medicina intensiva ha fatto sapere che «gli 876 letti per terapia intensiva certificati e riconosciuti sono praticamente tutti occupati». Ciò non vuol dire che non ci sia più posto per i malati gravi di Covid, visto che esiste ancora un terzo di posti non certificati creati durante la prima ondata della pandemia. Di sicuro però ciò indica che il sistema sanitario elvetico è messo a dura prova dall’avanzata del virus e che l’atteggiamento mantenuto finora dall’esecutivo, più vicino al modello svedese dell’apertura totale che a quello italiano e di altri paesi europei che invece hanno scelto lockdown mirati, non sta pagando.

Stando alle cifre fornite dal Servizio sanitario, attualmente i posti in terapia intensiva sono in totale 1147, 891 dei quali già occupati, mentre in ospedale, su 22278 letti disponibili, quelli ancora liberi sono 5342. Di questo passo, entro un paio di settimane le strutture sanitarie potrebbero davvero esplodere, nonostante già ora la gran parte dei malati di coronavirus sono lasciati a casa, di regola senza neppure l’assistenza di un medico di base. Nel mirino ci sono le scelte del governo, che ha ceduto alle pressioni del mondo economico e ha lasciato sostanzialmente tutto aperto, prendendo solo misure blande nonostante dall’inizio dell’autunno la situazione nella Svizzera francofona fosse fuori controllo, in particolare a Ginevra (dov’è ora in vigore un lockdown parziale, e il virus avesse cominciato a colpire anche a nord delle Alpi, nell’area di lingua tedesca, sostanzialmente quasi risparmiata dalla prima ondata.

Nelle ultime due settimane, tutto il Paese, grande quando una media regione italiana, ha contato esattamente mille decessi per coronavirus (3385 da febbraio), 85 nelle ultime 24 ore a fronte di 6114 nuovi contagi. La curva è stabile da qualche giorno, ma le cifre fanno della Svizzera il paese più colpito in Europa dopo la Repubblica Ceca, testa a testa con il Belgio.

Nonostante la linea soft del governo, che ha lasciato ai Cantoni la facoltà di stringere o meno la cinghia, monta una certa insofferenza. Oggi a Ginevra scenderanno in piazza ristoratori e baristi, che si dicono pronti a disobbedire ai divieti «di fronte a una situazione che non è più sostenibile», reclamando la riapertura immediata di tutti gli esercizi commerciali. Per questo il Consiglio federale ieri ha approvato un nuovo piano di aiuti per un miliardo di franchi, di cui 115 milioni a fondo perduto per lo sport.

Se il governo guarda all’economia, è invece la sanità a mostrare le maggiori crepe. Per l’oncologo ed ex deputato Franco Cavalli, «il Consiglio federale ha sbagliato già questa estate, quando ha mandato il messaggio che tutto era finito». A suo parere, si sarebbe dovuto puntare sulla prevenzione e sui medici di base, che invece neppure visitano i pazienti a domicilio. «Non si è capito come funziona una pandemia e l’importanza di una medicina diffusa, più che degli specialisti», aggiunge. Sul periodico sindacale Area, il direttore Claudio Carrer attacca: «Berna persevera con misure blande, limitandosi a mettere a disposizione l’esercito, invitando gli ospedali di tutta la Svizzera a rinunciare ai ricoveri e agli interventi non elettivi per tenere posti liberi e demandando ogni responsabilità ai Cantoni, che a loro volta attendono che le loro strutture ospedaliere siano con l’acqua alla gola prima di decretare quei lockdown parziali che si stanno imponendo come per effetto domino nella Svizzera occidentale». Nelle scorse settimane, il personale sanitario ha scioperato in tutto il paese per protestare contro le condizioni di lavoro. denunciano «malattie ed esaurimento» dovute ai turni massacranti.