A due giorni dalla pubblicazione del terzo report «Agricoltura e lavoro migrante in Puglia» redatto dalla Flai Cgil pugliese e dal recepimento nella riforma del codice antimafia di due misure contro il caporalato (confisca obbligatoria dei beni e responsabilità allargata) ieri il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge per provare a contrastare il fenomeno.

Diverse le novità introdotte dal provvedimento. Viene infatti ampliata l’operatività della «Rete del lavoro agricolo di qualità», creata con la legge Competitività e attiva dallo scorso 1 settembre. È stato deciso di estendere l’ambito dei soggetti che possono aderire alla Rete, includendovi «gli sportelli unici per l’immigrazione, le istituzioni locali, i centri per l’impiego e gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura e i soggetti abilitati al trasporto di persone per il trasporto dei lavoratori agricoli». Così come viene esteso l’ambito delle funzioni svolte dalla Cabina di regia della Rete, presieduta dall’Inps e della quale fanno parte rappresentanti sindacali, organizzazioni agricole e istituzioni.

Inoltre la a nuova legge prevede che le amministrazioni statali siano direttamente coinvolte nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo. Questa operazione avverrà attraverso un piano congiunto di interventi per l’accoglienza dei lavoratori impegnati nelle attività stagionali di raccolta dei prodotti agricoli: obiettivo quello di «tutelare la sicurezza e la dignità dei lavoratori ed evitare lo sfruttamento ulteriore della manodopera anche straniera». Il piano sarà redatto con il coinvolgimento delle Regioni, delle province autonome e delle amministrazioni locali oltre che delle organizzazioni di terzo settore.

Inoltre per la prima volta viene estesa la finalità del Fondo di cui alla legge n. 228 del 2003 in tema di vittime della tratta anche alle vittime del delitto di caporalato, considerata «la omogeneità dell’offesa e la frequenza dei casi registrati in cui la vittima di tratta è anche vittima di sfruttamento del lavoro».

Infine stabiliti nuovi strumenti penali: l’estensione dell’arresto obbligatorio anche al delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro; responsabilità amministrativa degli enti per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro; confisca obbligatoria, anche per equivalente, al delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro; e la confisca estesa o allargata. Prevista l’introduzione di una attenuante per il delitto di sfruttamento del lavoro: «Per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare prove dei reati e l’individuazione degli altri responsabili ovvero il sequestro delle somme o altre utilità trasferite».

Difficile dire se tutto questo basterà a contrastare un fenomeno diffuso e radicato nel sistema agricolo. È bene infatti ricordare che il caporalato è soltanto un anello della catena dello sfruttamento del settore agro-industriale, che vede in primo piano sia la grande distribuzione organizzata che le industrie di trasformazione e i commercianti.

Del resto, per chi si arricchisce dalla filiera agro-alimentare, il caporale è uno strumento per il reclutamento e il controllo dei braccianti, come possono diventarlo in alcuni casi le vie legali di intermediazione di manodopera, come le agenzie interinali o le cooperative. Il caporale non è e non può essere l’unico colpevole di quanto avviene ogni anno nelle campagne italiane.