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Più controlli e meno colori, in rivolta i matatu del Kenya

Più controlli e meno colori, in rivolta i matatu del KenyaUn matatu nelle strade di Nairobi – Ap

Sciopero Trasporti paralizzati per le nuove norme di sicurezza e di "decoro" imposte ai bus. Così il governo pensa di arginare la strage sulle strade. Misure choc per i lavoratori del settore in vigore da domani

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 11 novembre 2018

L’autobus – o qualsiasi mezzo destinato al trasporto passeggeri – in Africa parte solo quando è pieno e la velocità dello spostamento è legata alla fortuna e all’abilità del broker locale, che con la ripetitività della musica di un telefonino non si stanca di urlare prezzo e destinazione del mezzo. Come un dannato, il broker urla, cammina senza sosta per le strade, su e giù, alla ricerca di qualche cliente. Non importa esattamente dove vai, quello che conta è la direzione.

ATTRAVERSO UN COMPLESSO collegamento tra piccole compagnie di trasporto, se procedi oltre il capolinea dell’autobus con cui sei partito, vieni “venduto” a quello successivo più volte fino alla destinazione finale. Per un percorso di 400 km puoi cambiare quattro autobus che si scambiano i clienti come i corridori di staffetta si passano il testimone da una tappa all’altra. Durante questi passaggi, venditori di ogni genere circondano il mezzo offrendo noccioline, banane, telefonini, orologi, radio, fazzoletti, uova sode e profumi.

LA CARATTERISTICA di questi autobus è il mix di colori e scritte che li contraddistinguono fino a farne diventare alcune opere d’arte alla Bansky. Secondo la ricercatrice Kenda Mutongi, questi autobus offrono una finestra sulle condizioni socioeconomiche e politiche dell’Africa. Nella loro diversità di progetti idiosincratici, riflettono aspetti multipli e divergenti della vita tra cui urbanizzazione, criminalità organizzata, imprenditorialità, insicurezza sociale, transizione verso la democrazia e cultura popolare – incorporando nello stesso tempo gli sconcertanti problemi sociali di Paesi come il Kenya e le brillanti promesse del suo futuro.

HANNO NOMI MOLTEPLICI, ma in Kenya li chiamano matatu perché il costo di una corsa in origine era di tre scellini – tatu – da cui il nome ma-tatu. Viaggiano al limite di ogni legge stradale con effetti diretti sugli incidenti: 50 persone morte solo lo scorso ottobre, 19 feriti a settembre, 10 bambini deceduti ad agosto. Tuttavia, negli anni la qualità del servizio è migliorata, alla musica si è aggiunta la televisione e poi il wi-fi, ma soprattutto il numero di posti quasi coincide con il numero di passeggeri.

LE AUTORITÀ intendono migliorare la sicurezza stradale introducendo un nuovo regolamento a partire dal 12 novembre: il Michuki Rules che prevede divise per gli autisti e controllori, cinture di sicurezza per tutti i passeggeri e regolatori di velocità.

Questo ha scatenato uno sciopero che da domenica scorsa sta bloccando migliaia di persone e che domani, con l’entrata in vigore delle nuove norme, dovrebbe essere totale. Ma l’Autorità nazionale per i trasporti e la sicurezza (Ntsa) non cede, malgrado i prevedibili disagi per i pendolari. Anzi, la polizia ha iniziato a sequestrare i mini-bus non in regola. «Vogliamo fermare la carneficina nel Paese» ha dichiarato il ministro degli Interni Fred Matiang’i: gli incidenti stradali hanno causato la morte di 2.214 persone nei primi nove mesi dell’anno.

TRA GLI ASPETTI che stanno destando più clamore c’è l’eliminazione dei colori che caratterizzano ogni matatu con scritte, colori e slogan di ogni tipo. Infatti, il regolamento prevede che i matatu abbiano un solo colore e una linea gialla continua dipinta sui lati, sul retro e sul davanti.

Lo stesso presidente Uhuru Kenyatta aveva dichiarato nel 2015: «Personalmente non vedo nulla di sbagliato nel lavoro artistico e nella creatività che riguarda i matatu e dovremmo sicuramente sostenere i nostri giovani a fare affari con i loro talenti, purché non interferiscano con la visione del guidatore e altri regolamenti». La pensa così anche Boniface Otieno, proprietario di un matatu: «Siamo qui per lavorare, infrangere la legge non è in alcun modo conveniente per noi e per i nostri affari. Tuttavia, stiamo chiedendo agli agenti di polizia di non approfittare di questa situazione».

IL PROBLEMA HA DUE ELEMENTI sostanziali: chi conduce il matatu (driver) e chi fa pagare i biglietti (makanga) non sono i proprietari del mezzo, sono affittuari, pagano una tariffa giornaliera e il loro guadagno a volte è dato dalle ultime corse della sera, quindi c’è la necessità di andare veloci per caricare gente e sperare di portare a casa la giornata. La situazione si risolverebbe se autista e controllore venissero regolarmente assunti. Secondo problema la corruzione della polizia che costantemente ferma i mini-bus per una mancia: risultato chi è senza freni passa e chi è in regola paga lo stesso, questo disincentiva la manutenzione dei mezzi, il cui costo viene assorbito dalla corruzione.

EPPURE QUALCOSA bisogna pur fare perché durante un semplice tragitto di mini-bus non sia necessario rivedere la propria vita perché l’autista, nel mezzo di un blocco stradale, decide di immettersi contro mano in tangenziale pur di non restare fermo. Che il pugno duro sugli effetti riesca a risolvere le cause è tutto da vedere.

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