Se Giuseppe Conte era stato esplicito nel dire no al Natale sulla neve, ieri i super esperti del governo che guidano la lotta al Covid lo sono stati ancora di più. Franco Locatelli, presidente del consiglio superiore di sanità, ha detto che le vacanze sugli sci «sono incompatibili con la situazione dell’epidemia». E Gianni Rezza (direttore della Prevenzione al ministero della Salute) ha spiegato che «solo il prossimo inverno, dopo la campagna dei vaccini anti-Covid, potremo pensare di sciare in tranquillità».

IL CONCETTO NON È STATO esplicitato ma è chiaro: questa stagione invernale non partirà neppure a gennaio o febbraio. «I dati dicono che nel febbraio e marzo scorsi dalle località sciistiche sono partiti molti infetti che hanno poi alimentato focolai nelle città. Dobbiamo evitare di ripetere queste situazioni di rischio», ha detto Rezza. Che ha gelato anche le aspettative di chi spera di muoversi per Natale per incontrare familiari e amici. «I germi si muovono con le persone. Non posso negare una forte preoccupazione per gli spostamenti e aggregazioni natalizie». «Naturalmente queste sono decisioni che non competono ai tecnici ma alla politica», ha precisato Rezza.

E infatti il governo sta ancora ragionando sulle possibilità di spostamento per Natale. Prima di ogni decisione Conte e il ministro Speranza vogliono verificare che tutte le regioni passino al colore giallo. In quel caso, si sta pensando di consentire il ricongiungimento tra familiari stretti: genitori e figli, coniugi, partner stabili. Ma questa decisione arriverà solo a metà dicembre. Speranza conferma: «Capisco le ragioni di chi lavora nello sci, ma dobbiamo evitare aggregazioni». E sul Natale: «Il coprifuoco alle 22 vale anche per la messa, bisogna evitare gli spostamenti non necessari, a cena solo gli affetti più stretti. Quante persone a tavola? Domani (oggi, ndr) ci sarà una riunione ad hoc per valutare».

Sulla scuola invece i tecnici appaiono più possibilisti: «Contribuisce in modo marginale al contagio», dice Locatelli. E infatti Conte sta ragionando sull’apertura delle superiori (chiuse in tutta Italia) già il 9 dicembre. Non a caso la ministra Azzolina ha convocato per oggi i sindaci delle principali città per affrontare il nodo più spinoso, quello dei trasporti.

DIFFICILE ASPETTARSI DI PIÙ, anche perché il bollettino di ieri ha segnato la quota record di 853 vittime. Un dato tragico, che si accompagna a uno più benevolo: i nuovi positivi sono 23.232 su 188mila tamponi, con una percentuale di positivi che scende al 12,3%. Un dato che, spiegano Rezza e Locatelli, «conferma che le misure stanno funzionando». Buono anche il dato dei ricoverati (-120) e delle terapie intensive (+6). E tuttavia, dice Locatelli, «purtroppo il numero delle vittime è l’ultimo a calare, e questo trend potrebbe durare per altri 10-14 giorni».

SUL FRONTE DELLO SCI, Conte sta cercando un coordinamento europeo. Ieri ha sentito al telefono la presidente della commissione Ue, Ursula Von der Leyen: «Si rinforza la possibilità di una determinazione comune della Ue sul Natale». Ma la strada è in salita. L’Austria avverte: «Noi vogliamo aprire, se l’Ue ferma lo sci ci dia i ristori». Il Canton Ticino (la Svizzera non fa parte della Ue) aprirà gli impianti e fa già sapere che «da noi gli italiani sono ben accetti». Se la Germania pare intenzionata a giocare di sponda con l’Italia, il presidente francese si augura di poter aprire a gennaio. Non per le feste.

E così, mentre i gestori degli impianti italiani temono «di perdere il 70% del fatturato dell’intera stagione», il portavoce di Von der Leyen, Eric Mamer, precisa che «il collegio dei commissari Ue non ha discusso dello stop dello sci per Natale, non era all’ordine del giorno». Il 2 dicembre è convocato un consiglio dei ministri europei della Salute per tentare di risolvere il rebus. La chiusura degli impianti a livello europeo allo stato attuale è dunque solo un auspicio. Fatto proprio anche dal presidente di Federalberghi Bernabò Bocca («La decisione dovrà venire dall’Europa, altrimenti regaliamo i nostri turisti agli altri paesi») da Salvini, Zingaretti e Zaia.

Sul fronte vaccino, Rezza spiega che «per ottenere l’immunità di gregge bisognerebbe vaccinare il 60-70% degli italiani, circa 42 milioni». E Zingaretti sprona Speranza: «Subito le linee guida per la distribuzione gratuita di un vaccino che deve arrivare a tutti in tempi certi».