«Fine». Chi ha indole più prudente si attesta sull’annuncio del crack: «Siamo al punto di rottura». Gli ufficiali negoziatori di Campo progressista ieri hanno aspettato la fine della capigruppo al Senato per avere la prova provata, se mai ce ne fosse stato bisogno, che lo ius soli non solo non sarà approvato ma non approderà neanche in aula per quel dibattito che fino all’ultimo avevano richiesto. Invece la capigruppo ha calendarizzato lo ius soli, sì: ma come ultimo punto, e senza una data. All’uscita della riunione Loredana De Petris (Si) è chiara: «Aver messo lo ius soli all’ultimo punto dell’ordine del giorno significa non volerlo fare. Si va avanti con ipocrisia, c’è di mezzo il gioco delle alleanze». Cecilia Guerra (Art.1): «Abbiamo assistito ad un balletto di molte forze politiche per prendere tempo, ci sono i diritti dei circa 800mila ragazzi nati in Italia che attendono un provvedimento».

ALL’ALA SINISTRA DI CP non resta che prenderne atto. Stamattina una riunione con l’ex sindaco a Roma (lontana dai palazzi del potere) prenderà la decisione finale. Pisapia stavolta non potrà non dire l’ultima parola sull’accordo con il Pd, dopo una storia di stop and go che dura da un anno esatto: dai giorni del referendum costituzionale a cui era favorevole. L’ultima beffa: circola la voce che il Pd vorrebbe schierarlo contro Bersani, forse a Bologna. Forse una fake news, ma indicativa.

Ieri intanto rullavano i tamburi di guerra. Alla camera Ciccio Ferrara, furioso, si apparta nella “Corea” con Lorenzo Guerini. Alla fine del colloquio le facce non dicono nulla di buono. Le distanze restano. Incolmabili. «Bisogna essere ottimisti», dice con filosofia l’ambasciatore dem. Anche lui, che nel negoziato delle alleanze Pd teneva il filo con i moderati centristi, negli ultimi giorni è stato avvertito della china che prendeva la trattativa a sinistra. E il capogruppo Ettore Rosato. Alla fine il messaggio è arrivato a Renzi. Ma non è successo nulla . «Siamo impegnati su tutti i fronti nel segno dei diritti», giura il vicesegretario Martina. «Lo ius soli è per noi un provvedimento essenziale, ci sentiamo impegnati», gli fa eco Fassino. Ma la linea è quella di Renzi alla Leopolda: meglio puntare sulla riforma «possibile», cioè sul biotestamento, che su quella troppo rischiosa: per la maggioranza, il governo. E per l’alleanza con i moderati. Che anzi si rafforza: i boati parlano del rientro dell’ex ministro Lupi, che nel frattempo ha trattato con il candidato Gori in Lombardia.

NEI CAPANNELLI di Montecitorio i pisapiani dicono basta: «C’è un arretramento serio. Il Pd così sceglie Alfano». Massimiliano Smeriglio, il vicepresidente del Lazio, è durissimo: «Abbiamo chiesto almeno la calendarizzazione dello ius soli perché si potesse svolgere un dibattito davanti al paese in cui ciascuna forza politica si prende le sue responsabilità. Neanche questo. E non solo perché non ci sono i numeri ma perché il Pd non vuole parlarne in campagna elettorale. Ma per una forza come la nostra è qualificante ed essenziale. Doveva essere questa la nostra funzione nell’alleanza. Sono per l’accordo ma non a qualsiasi prezzo. La nostra è una linea politica non un’operazione di messa sul mercato». Una nota del portavoce di Cp, Alessandro Capelli, esprime l’aria che tira anche al quartier generale arancione, a Milano: «E’ inaccettabile che si continui a giocare con la vita di un milione di bambine e bambini, di famiglie, di compagne e compagni di classe e di tutte e tutti coloro che si aspettavano un calendario dei lavori del Senato diverso». C’è chi va giù anche più pesante. «Siamo stati chiamati per portare un valore aggiunto alla coalizione. Invece siamo stati catturati, disarmati ed ora resi inutili e sbeffeggiati. E non ci vengano a parlare del pacchetto sociale, lì siamo persino sotto il minimo sindacale. Fassino ci ha dato solo delle pacche sulle spalle».

IL REALTÀ LA RICHIESTA di discutere di ius soli era una mission impossible dall’inizio. C’è chi riferisce che il Colle suggerisce di non ricorrere a voti di fiducia negli ultimi passi della legislatura. Non a caso Pisapia aveva parlato di «scriminante» a proposito dell’approvazione del biotestamento, e non dei diritti dei nuovi cittadini. Ma gli ambasciatori del sindaco con il Pd erano stati chiari: solo grazie allo ius soli era possibile “mascherare” la presenza di Alfano nella coalizione, un rospo già difficile da mandare giù. «Non era un veto sulla persona, ma sulle politiche. Ma se non c’è neanche la possibilità di discuterne in aula noi non possiamo mobilitare il nostro mondo; le Ong, il volontariato e il terzo settore. E Laura Boldrini», spiegano.

La presidente della camera, già orientata verso la lista di Piero Grasso, ha fatto dei diritti di tutti la sua personale battaglia di questi anni. A questo punto è quasi certo che dopo il sì alla manovra, fra il 20 e il 21 dicembre, annuncerà la sua scelta. Lontana dal Pd. Molti deputati di Cp la seguiranno. E la lista “di sinistra” del Pd resterà in mano agli ex dc di Tabacci.