Non «la stampella di Renzi» ma ma neanche quella di Gentiloni, e nemmeno l’ammucchiata del «fronte anti Renzi», non la «sinistra al centro» ma «il paese al centro». La nuova «rete» di Giuliano Pisapia sarà idealmente ispirata al «centrosinistra» ma appunto solo idealmente, perché per ora più che i partiti cercherà di mettere in collegamento ambientalisti, forze civiche e comitati che chiedono «una forte discontinuità» con le politiche degli scorsi governi e la «ricostruzione di una cultura politica di sinistra».

Non siamo ancora il varo ufficiale della nuova «cosa» di centrosinistra, in ma in queste ore l’ex sindaco di Milano tira le fila del «Campo progressista» lanciato all’indomani della sconfitta referendaria. Ma a differenza dei primi passi falsi, così sbilanciati sul renzismo morente, l’ex sindaco ora si sarebbe convinto a cambiare marcia, a percorrere più decisamente la strada del «soggetto autonomo». E a stare lontano dalle vicende del Partito democratico. Che del resto ogni giorno si fanno più ingarbugliate.

Martedì 14 febbraio a Milano ci sarà una delle ultime tappe prima della nascita ufficiale della rete di «Campo progressista». L’iniziativa si intitola «Futuro prossimo, facciamoci riconquistare dalla buona politica». Il giornalista con il pallino della politica Gad Lerner, uno dei registri di tutta l’operazione, farà dialogare Pisapia con la presidente della camera Laura Boldrini, con il deputato ulivista Franco Monaco e con il vicepresidente della regione Lazio Massimiliano Smeriglio. E cioè con una figura istituzionale di spicco, con un (post)prodiano e uno dei capofila dell’aventino di Sinistra italiana.

Ma in questi giorni in tanti altri hanno avuto un fitto scambio di opinioni con l’ex sindaco, offrendo la loro disponibilità: dal costituzionalista Valerio Onida al centrista Bruno Tabacci. Al senatore Luigi Manconi, marchio di qualità delle battaglie garantiste e civili del paese dalle carceri ai diritti. Nelle ambiziose intenzioni del nucleo fondativo però non si tratterebbe di mettere in piedi l’ennesimo partitino di sinistra in attesa dell’esito delle vicende del Pd, spiega chi in queste ore dà una mano ai preparativi. Piuttosto già «un’alleanza, sebbene allo stato embrionale». Bene le suggestioni del passato, spiega lo stesso Monaco, ma con giudizio: «Fa piacere che si evochi l’Ulivo come il simbolo di una stagione politica positiva per le forze democratiche e riformiste. Possiamo aggiungere che in quel campo si nutre una certa nostalgia per una unità oggi smarrita. Ma qualcosa che somigli a un nuovo Ulivo, certo in forme nuove, presuppone un ripensamento profondo da parte dei soggetti che abitano quel campo. A cominciare dal Pd».

Le alleanze comunque verranno dopo. E non saranno gratis. Resta il no – «fermo», si giura – di Pisapia all’idea della larga coalizione che circola in queste ore fra i democratici. Insomma il no all’Ncd di Alfano. Resta anche l’invito al dialogo che gli ha rivolto il pur politicamente diversissimo Massimo D’Alema dalla sua associazione Consenso.

Lunedì scorso Pisapia in gran segreto ha riunito il nucleo fondatore di Campo Progressista a Milano. La notizia però è filtrata sull’Unione Sarda che segnalava la presenza del sindaco di Cagliari Massimo Zedda in una riunione a porte chiuse di «politici, parlamentari, sindaci ed esponenti della società civile» per ancorare la nuova creatura politica ai territori. E per organizzarne il lancio ufficiale: la data scelta sarebbe l’11 marzo a Roma. Un manifesto a firma di Pisapia sarà proposto alla sottoscrizione degli aderenti, come una carta fondativa.

Proprio nella capitale nel frattempo a preparare il terreno sono gli «aventiniani» di Sinistra italiana Arturo Scotto e lo stesso Smeriglio che domenica 12 terranno la loro assemblea al Teatro Ambra Jovinelli: per proporre «di essere cofondatori di una nuova forza politica, di una soggettività più grande, in grado di lanciare la sfida dell’utilità e del cambiamento possibile. Non una nuova piccola sigla, non un cartello elettorale», giura Scotto, «ma la grande ambizione di dare casa alla diaspora delle donne e degli uomini di buona volontà, di mettere testa, cuore e gambe al servizio di ciò che serve e ancora non c’è».