Alla fine Giuliano Pisapia ha deciso di fare un passo avanti. Anzi ’il’ passo: ieri ha annunciato che alle prossime politiche lui, anche lui, ci sarà e sfiderà Matteo Renzi. Per dirlo ha scelto una location che è già un punto di programma: Bruxelles, dov’è andato a parlare in una delle neonate ’Officine’ di Campo democratico. La nuova rete – «non un altro partitino», precisa a chi glielo domanda – sarà dunque europeista, nonostante tutte le critiche all’Europa.
L’annuncio è arrivato in serata: «Quest’accelerazione nella competizione elettorale ci farà assumere una responsabilità in più e cioè quella di aggregare tutte le forze politiche sociali presenti nel paese, che negli ultimi anni non sono andate a votare o hanno votato turandosi il naso, dando loro la prospettiva di un nuovo e rinnovato centrosinistra». L’appuntamento, come anticipato dal manifesto, è per il primo luglio a Roma. Sarà «un grande incontro nazionale aperto a tutti i soggetti interessati a dar vita a un nuovo centrosinistra. Costruiremo un nuovo progetto politico che si candida a governare il paese».

L’ultimo miglio di una scelta travagliata – iniziata con l’idea di ricomporre l’alleanza con il Pd e finita con la presa d’atto del niet di Renzi – era nell’aria da giorni. Settimane, anzi: almeno dal week end milanese di metà maggio in cui lo stato maggiore di Art.1 lo ha invitato alla convention «Fondamenta» e lo ha incoraggiato a piazzarsi nella prima fila della «coalizione per il cambiamento». L’ex sindaco di Milano si è preso i suoi tempi. Ha verificato che l’intenzione dei compagni di strada non fosse rimettere insieme i cocci di una «cosa rossa» o di quella che ieri un appello dei parlamentari ha definito «la sinistra rancorosa», con chiara allusione alle scorie di una storia militante segnata da scissioni e vecchie ruggini.
Non è un caso che ieri il primo a rispondere sia stato proprio Pier Luigi Bersani, padre nobile di Art1: «Bene Giuliano, l’1 luglio io ci sarò e saremo in tanti». Seguito a ruota da Roberto Speranza. Nel capitolo delle personalità di peso c’è anche il capitolo D’Alema. Negli ultimi tempi l’ex premier aveva espresso insofferenza per le frenate dell’ex sindaco. Ieri però su Repubblica gli aveva teso di nuovo una mano, a patto di «non mettere veti». Da Bruxelles Pisapia ha ricambiato: «Non ho pregiudizi di nessun tipo, tantomeno personali, dialogo con tutti e sono aperto a chiunque voglia condividere un programma comune».

Tratto il dado, restano comunque sul tavolo ancora questioni cruciali, almeno per quest’area: come e chi riunirà il fronte nascituro, che potrebbe chiamarsi «coalizione per il cambiamento» o anche «Insieme per il cambiamento». Che è come chiedere: a sinistra del Pd ci sarà davvero una sola lista, come auspicato da D’Alema&Co, o due? In quest’area politica va segnalato infatti l’attivismo di molti: dal Prc di Maurizio Acerbo alla rete delle Città in comune, al sindaco De Magistris a un ampio cartello di ’civici’ provenienti dai comitati per il No.

La quadra non è facile. Tradotto in termini di profilo (e programma), Pisapia rilancia l’idea di «nuovo centrosinistra», anche se ormai è chiaro, chiosa il deputato di Art.1 Davide Zoggia, «che lo faremo senza il Pd». E questo vale anche come risposta all’appello di Andrea Orlando, il leader della sinistra Pd che ieri aveva fatto appello a «unire le voci» a favore del centrosinistra. «Apprezziamo la sua battaglia nel Pd», spiega Zoggia, «ma Renzi non lo ascolta. Orlando venga con noi su una strada nuova».

D’altro canto «centrosinistra» è proprio la formula che Sinistra italiana invita a rottamare. Stavolta però Nicola Fratoianni, leader di Si, vede il bicchiere mezzo pieno. «Segnalo che il tema è obsoleto nel paese, ma non mi interessano battaglie nominalistiche. Con la scelta di Pisapia si sono fatti due passi avanti. Il primo è la sua presa d’atto che con il Pd non si può costruire un’alleanza; il secondo è che sono caduti i veti. Bene. Adesso però serve un terzo passo: archiviamo l’idea che ciascun soggetto convoca la sua iniziativa e poi  invita gli altri. Noi abbiamo fin qui evitato di farlo, e non solo noi. Ora mettiamoci al lavoro per una piattaforma radicalmente alternativa al Pd».