Con il deposito di duemila firme in Comune sembra ormai probabile che si terrà il referendum contro l’apertura della moschea di Porta a Lucca. Si tratta del primo caso in Italia di un’iniziativa di carattere consultivo (comunque non vincolante) contro l’apertura di un luogo di culto. Per aggirare l’evidente incostituzionalità del quesito, che nei fatti viola gli articoli 3, 8 e 19 della Carta, i promotori chiedono ai cittadini di cancellare la variante urbanistica approvata dal Comune senza mai menzionare esplicitamente la moschea. Nella campagna per la raccolta delle firme il Comitato No moschea, sostanzialmente espressione del centro-destra locale, ha motivato la sua opposizione ricorrendo ad argomenti come l’eccessiva vicinanza al Duomo, la mancanza di chiarezza sui fondi esteri con i quali sarà costruita e, soprattutto, il «rischio di radicalizzazione».

Nella passerella estiva, che ha visto tra i protagonisti Magdi Cristiano Allam, non sono mancati anche argomenti tendenti a mettere in dubbio la trasparenza dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazione islamiche in Italia) e a denunciare presunti legami con il radicalismo prontamente respinti al mittente dall’imam di Firenze Izzedin Elzin. A chiudere la campagna è arrivata Daniela Santanchè, che in un comizio improvvisato al mercato di via Paparelli ha arringato lo sparuto (e contestato) gruppo estivo di forzisti invocando la chiusura delle moschee e la difesa della civiltà occidentale. Agli organizzatori del Comitato sembra sfuggire il fatto che a Pisa sia presente una radicata comunità di musulmani (molti dei quali cittadini italiani) che si riunisce da oltre vent’anni nel centro della città. La mobilitazione dei vertici di Fi conferma piuttosto come Pisa e il suo circondario siano stati individuati come un terreno potenzialmente fertile per una propaganda forzatamente connessa alla questione dell’immigrazione “clandestina”.

«Siamo di fronte a una proposta di referendum ipocrita – spiega l’assessore all’urbanistica Ylenia Zambito (Pd) – che punta a istigare all’odio religioso, ma il Comune intende proseguire lungo il percorso intrapreso». Prosegue Zambito: «Data la gravità dell’iniziativa (una volta verificata l’ammissibilità della proposta) sarà necessaria una mobilitazione nazionale che coinvolga la società, ma anche i vertici del partito toscano e nazionale». Per Sergio Bontempelli, presidente di Africa Insieme e esperto del tessuto pisano, la città è lontana da queste forme d’intolleranza politicizzata. «Al di là delle questioni formali – spiega – un referendum di questo tipo va considerato illegittimo: i diritti fondamentali, come quello di culto, non si sottopongono mai al voto. Il centro-destra vuole ripristinare una vecchia tradizione che punta a nascondere i luoghi delle minoranze religiose utilizzando come pretesto l’emergenza terrorismo».

Nell’ipotesi che il referendum sarà fatto non tutti sono dunque convinti che la risposta giusta passi per la sfida delle urne, di fatto legittimando politicamente la consultazione. Di certo dopo la vittoria della Lega Nord a Cascina l’area pisana sta diventando il laboratorio di una destra sempre più destra che mira ad approfittare della crisi del Pd per sperimentare nuovi strumenti da utilizzare su scala nazionale.